La presunta regalità di Gesù è stata la causa della sentenza di morte comminata da Pilato, procuratore romano della Palestina. Questo titolo con il quale oggi adoriamo il Signore Gesù è al centro di una parte del dialogo tra Ponzio Pilato e Gesù di Nazareth. Il governatore romano è preoccupato di difendere le prerogative dinastiche dell’imperatore, mentre Gesù porta il discorso su un altro piano, affermando chiaramente che il suo regno non appartiene al mondo storico, ma supera la storia, il tempo, i confini terreni, gli interessi temporali. Ciò che guida il regno di Gesù è la testimonianza della verità e sudditi di questo regno sono proprio coloro che ascoltano la sua voce e testimoniano la verità. Gesù è l’unico che possa dire la verità su Dio, come ricordava il Prologo del Vangelo di Giovanni, perché Egli è il vero rivelatore del Padre (cfr. Gv 1,18).

Pilato allora si trova rassicurato circa l’origine della regalità di Gesù, ma allo stesso tempo si trova di fronte alla scelta se accogliere o meno la verità che Gesù stesso è. Come “testimone fedele” viene presentato il Signore Gesù dal veggente di Patmos autore dell’Apocalisse, questo titolo dice la sua affidabilità sia nei confronti di Dio di cui testimonia, sia nei confronti degli uomini a cui testimonia. A questo si accompagnano altri due titoli che dicono il suo essere Signore e Re sia del mondo che viene, quello della risurrezione, viene infatti chiamato “primogenito dei morti”, sia del mondo presente, è infatti “il principe sui re della terra”. Alla sua Signoria appartiene un noi, quello della Chiesa, che ha sperimentato innanzitutto la redenzione operata mediante il sangue di Gesù e una nuova costituzione come popolo santo, popolo sacerdotale come già lo era l’antico Israele; il Cristo ha strappato i credenti dal potere delle tenebre e li ha portati nel regno nel quale Dio governa. Il v.7 dell’Apocalisse con questo grido che porta ad alzare lo sguardo e a preparare il cuore verso Colui che sta venendo ci rimanda alla Prima Lettura e alla misteriosa figura che Daniele vede nella sua visione notturna che da Dio, “l’antico di giorni” viene detto nel testo ebraico, riceve un regno, di cui si afferma, con una triplice espressione l’eternità e la potenza.

Don Tiziano Galati
Responsabile dell’Apostolato Biblico
Ufficio Catechistico

clic qui per l’articolo sul sito diocesano