Letture:
Is 7,10-14
Sal 23
Rm 1,1-7
Mt 1,18-24
Carissimi fratelli e sorelle,
Siamo alla quarta domenica del tempo di Avvento, l’ultima tappa che ci avvicina alla grande festa. E la liturgia dedica questa giornata alla bella figura di san Giuseppe, un uomo giusto, buono, silenzioso, un uomo che è stato messo da Dio in un posto altissimo, di alta responsabilità e che pure non si è imposto, parlando e straparlando ma è stato lì in silenzio, quasi dietro le quinte. Quello che ci racconta san Matteo certamente è una sintesi, molto intensa di un dramma umano che certamente Giuseppe ha vissuto e non per un giorno solo. Proviamo solo a pensare: Maria e Giuseppe, due ragazzi, due giovani innamorati avevano progettato ormai, come si dice, la data del matrimonio e tutti i loro pensieri e i loro progetti erano finalizzati a quella data, come accade oggi nella vita e nella storia di tanti giovani. A un certo momento, lungo questo cammino di preparazione, accade quello che nessuno dei due avrebbe mai potuto immaginare.
Innanzitutto l’angelo Gabriele va a far visita a Maria, la quale si trova di fronte ad un annuncio incredibile. Lei all’inizio non capisce, non comprende, l’angelo le dà tutte le spiegazioni e alla fine Maria accetta: “Eccomi, io sono la serva del Signore. Si compia in me la tua parola, quello che tu hai detto” E poi cosa è successo? Chi l’avrà detto a Giuseppe la prima volta? Io immagino che, siccome Maria e Giuseppe erano due ragazzi, due giovani molto limpidi, puliti, tranquilli, sarà stata sicuramente Maria che nel giro di qualche giorno avrà informato Giuseppe di quello che era accaduto, della visita dell’angelo e Giuseppe si è trovato dunque di fronte ad una realtà più grande di lui, misteriosa. Lungi da lui il solo pensiero di dubitare della fedeltà e della serietà della sua sposa! Però c’era un fatto che nel momento in cui diventava pubblico era difficile da gestire; c’era un mistero e c’era anche un segreto, mica si poteva raccontare a tutti quello che era capitato a Maria. Anche facendolo, chi ci avrebbe creduto, o chi l’avrebbe capito? L’avrebbero presa per pazza, una che vuol nascondere qualche verità inconfessabile.
Ecco il dramma di Giuseppe: un grande amore per la sua sposa, una grande consapevolezza del mistero ma anche la responsabilità di non esporre la sua sposa al ludibrio, all’insulto della gente; sapete la gente quando comincia a parlare diventa cattiva e di una cattiveria incontenibile, chi l’avrebbe fermata! La punizione per donne così era la lapidazione. Allora Giuseppe che era giusto – ci ha detto oggi l’evangelista Matteo– non voleva ripudiarla e decise di rimandarla in segreto, prima ancora che quel qualcosa di inconfessabile potesse essere notato e osservato da tutti.
Ed ecco, invece, che l’angelo arriva pure da Giuseppe, questa volta in sogno e gli dice: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei è opera dello Spirito Santo”. È vero quello che ti ha detto Maria, prendi sul serio, sei dentro una storia misteriosa, certamente più grande di te, ma non devi mandar via Maria, non devi uscire di scena. “Anche tu hai un ruolo importante in questo mistero. Lei partorirà un Figlio e tu lo chiamerai Gesù. Dunque tu devi restare accanto a Maria perché sei chiamato ad essere il padre adottivo di questo bambino. Non è tuo figlio secondo la carne ma lo diventa secondo la legge. Tu gli darai il nome, tu andrai all’anagrafe, lo andrai a dichiarare e da quel momento Lui sarà tuo figlio a tutti gli effetti, ma soprattutto – lascia intendere l’angelo – da quel momento in poi tu e Maria e Gesù custodirete nella vostra casa questo mistero”.
Nessuno infatti saprà mai niente, tanto è vero che dal Vangelo sappiamo che Gesù lo chiamavano “il figlio del falegname”; un segreto custodito veramente con grande senso di responsabilità, non era un segreto che si poteva buttare in pasto alla gente e poi, anche a dirlo, chi ci avrebbe creduto?! Ecco dunque la nostra riflessione di oggi, ultima domenica di Avvento: Apprezziamo la grandezza di quest’uomo, che non è andato in giro, agli angoli di strada a spiattellare la sua verità, a farsi bello, lui con la sua sposa; ha saputo tenere questo segreto, ha saputo custodire la virtù, la serietà e la santità della sua sposa e del suo bambino.
Ed è proprio per la sua semplicità, la sua bontà, il suo silenzio Giuseppe si fa oggi nostro maestro e compagno di strada in quest’ultimo tratto del tempo di Avvento. Come possiamo aspettare Natale? Non col chiasso, col rumore, con la baldoria, ma guardando al silenzio di Giuseppe. Il modo migliore per aspettare e vivere il Natale è il silenzio. È un mistero, non lo possiamo sciupare nel chiasso. Ecco perché davvero la nostra società, la nostra cultura, la nostra tradizione sta veramente facendo una violenza al mistero del Natale, perché lo ha gradualmente trasformato in una grande baldoria collettiva dalla quale proprio il mistero di Gesù resta completamente estraneo. Sarà passato Natale fra un po’ di giorni e saremo tutti stanchi, magari sfiniti a fare sempre notte, si fa tardi, si perde sonno, si perdono soldi e tranquillità! E questo è il Natale?
No! Non deve essere così: teniamoci stretto il nostro Natale, teniamoci stretto il nostro mistero. L’unico atteggiamento possibile è l’adorazione, lo stupore, la meraviglia. Se smettiamo di meravigliarci di fronte al Natale, allora è finito tutto. La meraviglia è che Dio viene in mezzo a noi; il nome che porta questo bambino, come dice il profeta, è “Emanuele”, che vuol dire Dio con noi.
Dal nome noi possiamo definire la sua identità; è un bambino che viene al mondo come tutti i bambini, ma è il Figlio di Dio e viene a salvarci e questo non dovrebbe lasciarci indifferenti, non dovrebbe farci dire: “So già la storia”, come quando leggiamo un romanzo e sappiamo come va a finire e quindi non ci stupisce. Non è così! Il mistero del Natale conserva intatta la sua grandezza e noi dobbiamo saperci stupire, saperci meravigliare e dire al Signore: “Signore, grazie per essere venuto a salvarci. Non lo meritiamo, non ne siamo degni”. Come Giuseppe avvertiamo la nostra fragilità, la nostra pochezza. Chi siamo noi per avere questo grande dono? Dio che viene a stare con noi! Non siamo niente, non siamo nessuno, non lo meritiamo ma proprio perché non lo meritiamo dobbiamo apprezzare che il Signore comunque viene.
Accogliamolo e facciamo sì che il Natale rappresenti davvero una svolta seria nella nostra vita perché vivere con Gesù è una cosa, vivere senza è un’altra cosa. Se Gesù viene abbiamo tutti l’impegno di vivere con Lui!
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