All’inizio della concelebrazione eucaristica di ieri sera, l’arcivescovo Michele Seccia ha rivolto al card. Salvatore De Giorgi che ha presieduto la concelebrazione, ai vescovi presenti, ai sacerdoti, ai diaconi e tutta l’assemblea, un indirizzo di saluto con parole grate e augurali in particolare al porporato di Vernole. Ecco il testo integrale.

 

 

 

Eminenza Reverendissima, cari confratelli nell’episcopato, miei amati presbiteri e diaconi, religiosi e religiose, illustrissime autorità civili e militari e tutto il popolo santo di Dio, salute e pace dal Signore!

La nostra comunità diocesana è in festa, nel ricordo della Dedicazione della chiesa cattedrale, madre di tutte le chiese della diocesi, e in questa circostanza di particolare grazia, il Signore ci dona di vivere nell’Eucaristia la lode a Lui, datore dei doni, perché un suo figlio, ricorda le tappe fondamentali della propria vita di donazione sacerdotale.

Eminenza, anche noi con lei abbiamo sulle labbra, come la Vergine Santa duemila anni fa, le parole del Magnificat, il canto delle promesse che Dio compie e realizza nella vita di coloro che credono e si fidano di Lui.

I motivi di giubilo, in questo giorno così speciale per nostra comunità diocesana non si fermano qui, ma continuano nei doni di grazia che il Signore non si stanca di effondere nonostante la nostra miseria.

Sentiamoci convocati, come allora, nella continuità del tempo che non si spezza, ma che continua verso Dio.

Chiudiamo gli occhi, proviamo a sentire il suono dell’organo, i canti e le preghiere che 266 anni fa venivano innalzati in questo tempio costituito come Ecclesia mater et maior, immagine della Gerusalemme celeste.

Sentiamo nelle nostre narici il profumo dell’incenso misto a quello del Sacro Crisma che hanno consacrato questo luogo – come tutti noi il giorno del Battesimo – rendendolo santo, proviamo a recuperare la consapevolezza di essere quello stesso Corpo Mistico che continua nella storia e riattualizza nella nostra contemporaneità la vicenda di Cristo unico, vero e solo tempio nel quale si da culto a Dio e si santificano gli uomini, come ci ricorda la lettera agli Ebrei.

Da 266 anni chiamiamo questo luogo con il nome solenne di chiesa cattedrale, il più delle volte tutto è sintetizzato in questo aggettivo che diventa sostantivo – cioè espressione della sua sostanza –, la cattedrale non è semplicemente il luogo istituzionale, ma è il grembo che custodisce la cattedra, è segno dell’unità tra la Chiesa particolare e quella universale, è garanzia di unità tra Pietro e gli altri apostoli, la cattedrale è la casa di ogni cristiano!

Questo tempio così bello significa una realtà più profonda, è il talamo che Dio sceglie per unirsi intimamente all’umanità attraverso l’unione sponsale di Cristo con la sua Chiesa.

La festa della Dedicazione della chiesa cattedrale, ci sprona a vivere nella dimensione di una reciprocità generativa, ci obbliga con un imperativo d’amore a vivere la realtà della comunione, quella cattedra è fondata sul sacrificio dei primi cristiani della nostra terra e per noi deve essere impegno di una vita buona vissuta nella letizia del vangelo.

Miei figli e fratelli nel sacerdozio, su quella cattedra, che tante volte ha le sembianze della croce, il vescovo con i presbiteri diventano l’unico presbiterio, da questa unità dobbiamo ricominciare, per essere nel mondo segno visibile e credibile dell’amore di Dio.

Auguri, che per intercessione della Vergine Maria Assunta in Cielo, e per il sangue dei Santi martiri Oronzo, Giusto e Fortunato, il Signore benedetto ci benedica e ci renda benedizione per tutti coloro che incontreremo nel cammino dietro di Lui. Amen.

 

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