Una cattedrale gremita di fedeli – familiari, colleghi, amici – ha accolto ieri mattina il feretro di Giovanni Invitto, docente universitario e laico impegnato nella vita pubblica e nella vita della Chiesa di Lecce.
La celebrazione eucaristica con il rito delle esequie è stata presieduta dall’arcivescovo Michele Seccia (hanno concelebrato il vicario generale don Luigi Manca e il parroco della cattedrale, don Vito Caputo; ha assistito don Corrado Serafino) “e non perché Giovanni è stato un personaggio importante – ha detto l’arcivescovo all’inizio della messa – ma perché la Chiesa di Lecce deve manifestare profonda gratitudine verso quest’uomo”.
“Non ho avuto la possibilità di conoscerlo negli anni della sua piena attività – ha aggiunto nell’omelia – ma tanti confratelli sacerdoti mi hanno raccontato di lui e mi hanno parlato di un grande uomo e di un cristiano convinto e molto attivo in città e in diocesi specie durante l’episcopato dell’arcivescovo Mincuzzi”.
Riflettendo sulla vita del prof. Invitto, Seccia ha voluto consegnare tre parole all’assemblea: cultura, bene comune, fede.
“Grazie al suo amore per la cultura che per lui era una vocazione, una missione, prima ancora che una professione – ha detto l’arcivescovo – Giovanni è stato sempre in mezzo ai giovani, li ha attirati al desiderio del sapere, alla passione per la ricerca della verità e alla sapienza della vita. Al sale della vita che è la massima espressione della cultura”.
“È così – ha aggiunto -, proprio mettendo il suo pensiero al servizio della comunità, che egli ha investito, per un periodo della sua vita, parte del suo tempo nella ricerca del bene comune. Perché altro non dovrebbe essere la politica, l’impegno della mente e del cuore per la propria comunità”.
“Per questo Giovanni è un testimone – ha sottolineato Seccia -. Sento il profumo della santità, non quello delle aureole ma quello della testimonianza, proprio guardando voi che siete qui. La vostra presenza comunica il profumo della santità di una persona che ha terminato il pellegrinaggio terreno per raggiungere Colui nel quale ha creduto, per il quale ha amato e nel quale ha sperato: lo abbiamo ascoltato nel Vangelo delle beatitudini. Ne potremmo scegliere una a caso e vedere specchiata la vita di Giovanni”.
“Tutti – ha concluso – abbiamo ricevuto qualcosa da lui: la sua famiglia, la comunità accademica, questa città e anche la Chiesa di Lecce. Per tutti noi egli è stato un dono e di questo gli siamo davvero grati e riconoscenti”. Poi rivolgendosi ai figli e ai nipoti ha aggiunto: “conservate nel cuore la sua testimonianza, la sua vita diventi per voi un modello da seguire”.
*ha collaborato Flavia Martena