Dal 18 giugno scorso mons. Angelo Raffaele Panzetta è divenuto pastore della comunità ecclesiale che è in Lecce e metropolita della provincia ecclesiastica salentina.

 

 

Il pallio che lo stesso presule riceverà domenica 29 giugno nel corso della concelebrazione presieduta in San Pietro da Papa Leone XIV significherà in maniera evidente e visibile tale incarico che la Chiesa gli ha affidato.

Ma che cosa significa la parola metropolita?

Questo titolo nacque nelle Chiese d’Oriente come figura d’intermediazione tra vescovo e patriarca, salvo poi essere reso ufficiale dal Concilio di Nicea; nella Chiesa d’Occidente, invece, il Papa venne considerato l’unico metropolita fino al V secolo quando, in Gallia e nell’Italia settentrionale, i vescovi delle principali città cominciarono a fregiarsi di questo titolo.

Compito principale del metropolita era quello di presiedere l’elezione dei vescovi della sua provincia e, di conseguenza, di ordinarli.

In Italia le provincie ecclesiastiche a capo delle quali è posto il metropolita sono sedici.

Il Codice di diritto canonico, nei canoni 431-446, disciplina la provincia ecclesiastica per quanto concerne la Chiesa cattolica di rito latino. Essa è, infatti, costituita da una sede detta metropolitana (Lecce, nel nostro caso) e da una o più diocesi, dette suffraganee (Brindisi-Ostuni, Otranto, Nardò-Gallipoli e Ugento-Santa Maria di Leuca, nel nostro caso) e a capo della provincia ecclesiastica vi è un arcivescovo metropolita.

Tuttavia, per motivi storici, in alcuni casi la provincia ecclesiastica può comprendere la sola arcidiocesi metropolitana, senza suffraganee (emblematico è, in Italia, il caso dell’arcidiocesi di Udine che non ha alcuna diocesi suffraganea).

La provincia ecclesiastica, in genere, prende il medesimo nome della sede metropolitana; anticamente, infatti, i vescovi di sedi suffraganee avevano obblighi di carattere canonico nei confronti del metropolita.

Dopo il Concilio Vaticano II, invece, il rapporto tra sedi suffraganee e metropolitane è principalmente formale, testimone, tutt’al più, del legame storico che ha unito tra loro le varie sedi episcopali.

La prassi codiciale assegna, tuttavia, al metropolita alcune limitate funzioni tra le quali quella di vigilare sulla fede e la disciplina ecclesiastica e informare il Papa in ordine agli abusi commessi; effettuare, con il consenso della Sede Apostolica, la visita pastorale nel caso che il vescovo della diocesi suffraganea la trascuri; nominare l’amministratore della cattedra episcopale resasi vacante, qualora, entro otto giorni,  il collegio dei consultori non sia riuscito a eleggerne uno e il Papa non abbia nominato un amministratore apostolico.

Il can. 463, per di più, esclude espressamente che il metropolita abbia altre facoltà nelle diocesi suffraganee.

L’arcivescovo metropolita ha diritto ad indossare il pallio nelle celebrazioni eucaristiche che si tengono tanto nella sua diocesi quanto in quelle che egli presiede o concelebra in tutta la sua provincia ecclesiastica.

Dunque, il pallio – che dallo scorso 18 giugno appare anche nello stemma episcopale dell’arcivescovo Panzetta – non rappresenta solo un paramento liturgico ma designa un servizio ecclesiale che, seppur rivisto nel corso degli anni, continua ad indicare la sollecitudine della Chiesa universale per tutte le singole chiese.

All’arcivescovo Angelo Raffaele, dunque, l’augurio di saper essere sempre più artigiano di comunione in questa comunità ecclesiale di cui è padre e pastore e in comunione con i suoi confratelli vescovi delle diocesi suffraganee.

 

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