I passi della speranza

Secondo anno (2025-2026)

Nutrire la speranza

Introduzione

Se riaccendere la speranza rimane un’emergenza, soprattutto davanti alle delusioni che intristiscono l’esistenza di tanti, non è meno importante dare un fondamento sicuro alla speranza nel momento del suo sorgere. La gente, infatti, è stanca di illudersi e si ripiega sovente in un amaro cinismo.

La Chiesa, che “cammina nella speranza”, come ci ricorda il Giubileo, non rimanda con ostinazione a un valore bello ma vago, ma confessa, da oltre 2000 anni, la bellezza di credere nel Signore morto e risorto. Egli è la nostra speranza ed è capace di dare ragione e senso a tutte le quotidiane speranze umane. La missione della nostra comunità ecclesiale, così, è di essere testimone autentica di quella speranza che annuncia e che celebra con fede.

E se da un canto si può avere forse l’impressione che chi si avvicina alle nostre comunità parrocchiali si accontenti di poco, pur tuttavia rimane la grande responsabilità della Chiesa di cogliere in ogni persona, che per diversi motivi fa capolino in essa, il bisogno profondo di serenità, la domanda di senso, la voglia di sperare ancora e, al fondo di tutto, il desiderio a volte inespresso di incontrare Dio.

A questo ogni parrocchia deve prepararsi, perché nessuno vada via deluso.

Vi affido con fiducia, allora, anche quest’anno, una piccola traccia per continuare il nostro percorso, superando ogni forma di stanchezza e di scoraggiamento. Non siamo mai soli e possiamo affidarci alla premurosa e materna presenza della Vergine, per accogliere, insieme a lei, la costante e amorevole presenza dello Spirito.

Anche noi, come discepoli del Signore, sapremo essere umili segni di speranza.

Per “camminare insieme” può essere utile lasciarsi orientare da queste tre domande.

1. Chi è coinvolto in questo cammino?

    Tutti i battezzati sono protagonisti della loro fede e della loro speranza, anche se il vero problema è che non tutti lo sanno. La comunità dei battezzati è tutta salvata e, di conseguenza, è anche tutta chiamata a diventare testimone della salvezza ricevuta. 

    Ogni cristiano, perciò, è chiamato ad agire in prima persona. Per lui non funzionano i discorsi indiretti. I verbi all’infinito. Non reggono le deleghe. Nessuno dei credenti nel Signore può dirsi esonerato o escluso, né accontentarsi di essere un gregario.

    L’attenzione più urgente della comunità, allora, sarà quella di riconoscere la soggettività di ogni singolo fedele, a prescindere dall’età e dalle condizioni personali e sociali. La vocazione e la missione di ognuno, infatti, sono scritte nell’incontro con il Risorto, avvenuto già nel Battesimo. In questo quadro ecclesiale la responsabilità dei presbiteri è enorme, inviati dal Signore ad evangelizzare, a guidare e a santificare il popolo di Dio, perché diventi protagonista della sua fede. Grande è anche la responsabilità delle famiglie in cui si vivono il dono e la fatica di un amore fedele e totale. Ogni laico, poi, incarna la sua fede nei diversi contesti esistenziali. Anche la presenza dei religiosi e delle religiose è fondamentale, perché è un costante richiamo alla radicalità evangelica. Prioritaria e grave è la responsabilità del Vescovo, quale successore degli apostoli e “pastore proprio” dell’intera comunità diocesana.

    2. Come essere parrocchie che vivono e generano la speranza?

    Le parrocchie possono vivere e generare la speranza, salvaguardando la loro originaria identità di luoghi di incontro con il Signore, luoghi di vita fraterna e luoghi di annuncio di fede.  

    Una comunità inizia a diventare davvero missionaria, pronta cioè ad annunciare il Risorto, solo se è animata da un’autentica e costante ricerca di Dio e da una sincera e reciproca vicinanza fraterna tra chi crede. Solo lo Spirito può tener vive queste due dimensioni. Egli agisce attraverso l’ascolto della Parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti, l’accompagnamento della fede e l’amore fraterno. Egli sostiene i fedeli a vivere il vangelo e ad essere, in e con Cristo, luce, lievito e sale della terra.

    Si intuisce l’importanza, allora, di tracciare in filigrana un nuovo stile che sia in grado di dire la novità dell’incontro con il Signore e che, sull’esempio di Maria, diventi davvero generativo.

    Non si tratta innanzitutto di fare qualcosa, ma di essere capaci di fede autentica, prima ancora che di speranza.

    Era questa la direzione che, lo scorso anno, indicavo nei “passi della speranza”. “Passi” che ovviamente non possiamo mai dare per acquisiti, né considerarli come cosa fatta e superata. Non basta conoscerli per presumere di averli già fatti. Quei passi la Vergine li ha percorsi per prima e ci chiede di seguirla ancora sul suo stesso itinerario. I passi di Maria, poi, fanno da specchio allo stile di Dio che si muove sempre per primo e di corsa, annullando ogni distanza con l’uomo. I passi della Vergine rimandano a quelli che il Figlio continua a fare verso di noi.

    Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.

    Allora Maria disse:
    “L’anima mia magnifica il Signore
    e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
    perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
    D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
    Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
    e Santo è il suo nome;
    di generazione in generazione la sua misericordia
    per quelli che lo temono.
    Ha spiegato la potenza del suo braccio,
    ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
    ha rovesciato i potenti dai troni,
    ha innalzato gli umili;
    ha ricolmato di beni gli affamati,
    ha rimandato i ricchi a mani vuote.
    Ha soccorso Israele, suo servo,
    ricordandosi della sua misericordia,
    come aveva detto ai nostri padri,
    per Abramo e la sua discendenza, per sempre”.

    (Luca 1, 41-55)

    Facciamo nostra, allora, la reazione di Elisabetta che nel riconoscere in Maria il tabernacolo vivente del Signore, esclama: “Benedetta tu tra le donne” e la accoglie. Accogliere Maria è accogliere il Signore e accogliere il Signore è rinascere a vita nuova.

    In quell’incontro, caratterizzato da note squisitamente umane, Elisabetta riconosce e benedice la Vergine con il frutto del suo grembo; Maria, ricolmata dello Spirito Santo, risponde esclamando: “L’anima mia magnifica il Signore”. Non cattura l’attenzione su di sé, ma orienta subito il cuore in un puro, gioioso e grato atto di fede verso Jahvè.

    Con Lei e in Lei, anche noi vogliamo cantare il Magnificat. Questo inno è la preghiera di lode di chi ha imparato a riconoscere l’intervento di Dio nella storia dell’umanità. Ed è anche la preghiera che mette ogni credente in un autentico atteggiamento di umiltà e di piccolezza, il solo in grado di aprire le porte del cuore e della vita al dono della Parola e dei sacramenti. Il Magnificat è il cantico di chi vive in sé la Pasqua e, da ‘uomo nuovo’, fa dell’amore per gli altri lo stile quotidiano. Uno stile naturalmente che non si improvvisa e che richiede un ininterrotto cammino interiore, reso sempre più sicuro dal costante dialogo interiore con lo Spirito.

    La preghiera, così, diventa lo spazio intimo di un autentico incontro con il Risorto, il luogo più proprio della maturazione della fede e il momento in cui fioriscono decisioni forti. Perché l’azione della grazia sia efficace in noi, poi, si richiedono percorsi lunghi e faticosi per liberare il cuore dagli innumerevoli ostacoli, per vincere le tantissime distrazioni che fanno perdere di vista l’essenziale e per superare le costanti forme di ripiegamento e di chiusura.

    Un’autentica spiritualità è già annuncio e genera fede. L’evangelizzazione, però, patisce la chiusura, necessita di spazi aperti e ha bisogno di entrare nel mondo, nel vivo delle relazioni quotidiane, nei luoghi esistenziali.

    Se l’incontro con il Signore, infatti, non matura in annuncio, diventa spiritualismo sterile ed è un chiaro segno di una fede immatura. Se, nel contempo, manca la testimonianza della vita il rischio immediato e, purtroppo, non raro è quello di smentire nei fatti ciò che si annuncia con le parole.

    Una comunità che segue le orme del Signore e che si lascia plasmare dall’incessante opera della grazia divina si riconosce come famiglia, educandosi al “noi”, considera tutte le persone come soggetti, pone attenzione ai più fragili, agli esclusi, ai poveri e, nello stesso tempo, sente l’urgenza di proporre instancabilmente cammini di catechesi, di moltiplicare le esperienze aggregative di alto profilo educativo, di agire in rete e di mantenere un vivo rapporto tra le diverse parrocchie e tra parrocchie e diocesi.

    Solo in questo modo saremo pronti ad affrontare con matura consapevolezza e con efficacia l’ultima ma decisiva domanda.

    3. Cosa fare quest’anno?

    Porre i giovani al centro della nostra comunità!

    Abbiamo vissuto nei mesi scorsi, all’interno dei consigli di partecipazione diocesani (Collegio dei Consultori, Consiglio Presbiterale, Consiglio Pastorale Diocesano), un tempo di ascolto e di discernimento, dal quale è scaturita l’urgenza di porgere attenzione ai giovani della nostra terra. Proprio questa, di conseguenza, sarà la scelta pastorale della Diocesi; una scelta non più dilazionabile che si inserisce nell’orizzonte della evangelizzazione e della missione che è stato delineato lo scorso anno nel Piano Pastorale e che mi auguro impegni sinergicamente le famiglie, le parrocchie, le associazioni e le altre istituzioni presenti sul territorio.

    Non ci accontenteremo, perciò, di sostare solo sul fatto di sapere che ‘quest’anno si parlerà dei giovani’, lasciando invariate le attività delle parrocchie. La prospettiva evidenziata sarà, piuttosto, un appello a scendere tutti in campo e a percorrere nuove strade. La vita delle nostre comunità, infatti, se è vita, non può procedere per forza d’inerzia. Muoverci come Diocesi, poi, ci darà la possibilità di misurarci insieme e di verificare, volta per volta, alla luce della Parola di Dio, i passi che faremo.

    Lo stile pastorale che privilegeremo sarà quello della presenza per essere lì dove sono i giovani, invece che restare ad attenderli. Senza la presenza, infatti, non si dà accoglienza, è impossibile ascoltare, non possono nascere autentiche relazioni, non si annuncia, non si condivide, non si cammina insieme, non si sogna insieme, non si progetta insieme. Per dire tutto in sintesi, senza presenza non si ama.

    Per questo non siamo autorizzati ad addebitare subito e solo mancanze ai giovani, ma la prima vera novità sarà quella di dare loro credito e di far capire loro che essi sono un grande dono!

    Elenco di seguito alcuni criteri che sono scaturiti dai momenti di confronto e di approfondimento con l’Ufficio Diocesano di Pastorale Giovanile.

    • L’importanza di non dimenticare che i giovani sono figli della nostra comunità, nostri figli. Una madre non abbandona mai i suoi figli, specialmente nei momenti di bisogno. Tutta la comunità (e non solo i loro educatori) ha la missione di stare con i giovani per accoglierli ed ascoltarli sinceramente e senza pregiudizi, soprattutto quando arrivano con il bagaglio delle loro domande o quando per capire usano il linguaggio della protesta.
    • La certezza, innanzitutto, che i giovani, come del resto ogni creatura, appartengono a Dio e la conseguente consapevolezza che affidarli a Lui nella preghiera umile e fiduciosa è la prima e preziosa forma di missione. È importante saper riconoscere in loro l’opera di Dio.
    • La necessità di creare nelle parrocchie un clima accogliente e realmente predisposto a dar loro uno spazio centrale e non marginale, perché possano trovare un ‘luogo’ in cui essere accompagnati nelle scelte decisive della vita e nei momenti più difficili.
    • La necessità per la comunità di annunciare con gioia la bellezza e l’importanza della fede nel Signore Risorto e attraverso questo annuncio, prima vissuto e poi predicato, di dire loro che Dio li ama! L’omissione di un esplicito annuncio di fede e di un serio cammino di fede indebolisce qualsiasi proposta che come Chiesa si potrà fare. Sarebbe un cammino povero e perdente quello che non conducesse ad un sincero ascolto della Parola di Dio e alla celebrazione dei sacramenti. Se capitasse ciò si perderebbe, inoltre, lo specifico cristiano. Non occorre aver timore di alzare l’asticella della proposta educativa. I giovani hanno il diritto e certamente anche il desiderio di incontrare il Signore. Dall’incontro con lui, poi, potranno scaturire la novità di vita e il coraggio di scelte forti.
    • La formazione dei formatori dei giovani, i quali devono poter conoscere i loro linguaggi, le loro attese, le loro fatiche, le loro paure e le loro delusioni.
    • La mediazione dei consigli pastorali sarà il punto di forza e la possibilità di rendere protagoniste le comunità. In ogni scelta che riguarda la vita ecclesiale delle comunità, i Consigli pastorali parrocchiali, presieduti dal Parroco, sono investiti di grande responsabilità.
    • Le proposte comunitarie non possono prendere il posto dell’accompagnamento personale, che rimane fondamentale per il cammino di ciascun giovane.
    • Un altro criterio importante sarà quello del “peer-to-peer”. Pur essendoci la comunità, pur non potendo fare a meno delle figure educative (genitori, animatori, educatori, responsabili), la chiave di volta sarà la testimonianza tra pari, quella che i giovani stessi sapranno dare ai loro coetanei.
    • Non è da trascurare l’importanza di comprendere chi siano realmente i giovani, per evitare di rimanere nel generico. Per giovani si intendono sia gli adolescenti (14-18 anni), che i maggiorenni (19-30 anni). Fare le debite distinzioni aiuta a fare proposte mirate. La differenza di età non sarà poi l’unica attenzione da avere, perché non può essere trascurata la situazione di chi studia e di chi lavora o di chi non trova lavoro, di chi è in sede e di chi è fuori.

    Queste le tappe concrete della proposta diocesana

    1. L’Assemblea diocesana presso il Salone della Parrocchia “Divina Provvidenza” a San Severo: 21-22 ottobre 2025. Il 21 sarà con noi la dott. Paola Bignardi.
    2. La designazione di tre giovani per vicaria (da individuare possibilmente tra chi non è già tanto impegnato a livello parrocchiale e diocesano) per la costituzione di un’equipe più ampia all’interno dell’Ufficio diocesano di Pastorale giovanile.
    3. Un incontro con i referenti-giovani delle diverse Associazioni e Movimenti presenti nel territorio.
    4. L’inserimento stabile in ogni consiglio pastorale parrocchiale di due giovani della parrocchia.
    5. La convocazione di un consiglio pastorale parrocchiale, allargato ai giovani già impegnati in parrocchia per l’individuazione di qualche iniziativa per i giovani del territorio, spronando i giovani presenti a diventare essi stessi protagonisti.

    (Per questo incontro è stata predisposta la scheda che si trova nelle pagine successive).

    • A conclusione delle iniziative che verranno organizzate nelle parrocchie, la proposta di due incontri finali con il Vescovo, cui invitare tutti i giovani con una lettera-invito, preparata ad hoc e distribuita a mano.

    I due incontri:

    1. (Momento dell’ascolto) Dialogo dei giovani con il Vescovo e con alcuni membri dell’Ufficio Diocesano di pastorale giovanile
    2. (Momento dell’annuncio) Incontro di catechesi e di preghiera dei giovani con il Vescovo e con alcuni membri dell’Ufficio Diocesano.
    3. Il 22 novembre 2025: GMG diocesana.
    4. Nell’estate 2026: un campo formativo per educatori e un campo-lavoro per giovani.

    Schede per il Consiglio Pastorale Parrocchiale

    Prima Scheda

    1. Momento dell’ascolto della Parola
    2. Una delle cose più sorprendenti che possiamo trovare nel Vangelo di Marco (10,17-22) è lo sguardo di Gesù verso il giovane ricco. Quel suo sguardo è la chiave di volta per trasformare anche il nostro sguardo sui giovani. Gesù “fissò lo sguardo su di lui e lo amò” quel giovane ci insegna a posare lo sguardo su di essi, a considerarli un tesoro inestimabile e ad amarli senza pregiudizi.
    3. Se vuoi…” (Matteo 19,16-22): tante volte, nel vangelo, troviamo questo invito. Il Signore non obbliga mai, ma invita a seguirlo. Passando tra la gente, invita ad incontrarlo, chiedendo solo fiducia. La Chiesa stessa è formata da fratelli e sorelle che hanno imparato a fidarsi di Lui, che hanno scoperto l’importanza di accoglierlo nella loro esistenza e che con gioia diventano testimoni di questo incontro. Anche noi oggi, come credenti che abbiamo detto di sì al “se vuoi” del Signore, siamo chiamati a trasmettere il fascino della nostra fede ai giovani.
    • Piste per la riflessione  

    1. Dove sono realmente i giovani nelle nostre comunità? Quali sono i luoghi dove vivono?

    2. Come possiamo testimoniare che credere nel Signore Cristo può dar senso anche alla loro esistenza?

    • Momento delle scelte concrete

    L’obiettivo è che nelle nostre comunità i giovani si sentano in casa.

    Lo stile indicato dal Piano Pastorale e che vogliamo adottare è quello di privilegiare l’”essere lì dove sono i giovani”, piuttosto che aspettarli nelle nostre strutture.

    Si tratta ora di trovare le modalità concrete per

    • raggiungerli lì dove sono davvero (famiglia, scuola, associazioni sportive, culturali, volontariato, social),
    • di incontrarli realmente e
    • di invitarli uno ad uno, senza affidarsi troppo facilmente ad anonimi post lanciati sui social.
    • Anche la scelta dei linguaggi, degli strumenti e dei tempi giusti è importante per evitare di non riuscire ad incontrali davvero.

    Alcuni criteri:

    1. puntiamo sulla concretezza delle proposte per non rimanere solo nell’ambito delle riflessioni.
    2. Partiamo dalle esperienze già in atto, lì dove ce ne siano, e valorizziamole.
    3. I protagonisti delle iniziative siano sempre i giovani, sia pur sostenuti dall’intera comunità, perché si eviti il rischio di farli restare spettatori passivi.
    4. Essere pronti a dare loro spazio e spazi concreti… perché non si sentano ospiti indesiderati.
    5. Non giocare al ribasso nelle proposte che si maturano, ma chiedersi sempre qual è la soglia educativa che si vuole raggiungere. Il Signore nell’invitare non ha mai smesso di essere esigente. Non esiste una fede a buon mercato. Né basta accontentarsi di agglomerare un maggior numero possibile di giovani solo per stare insieme.
    6. Non aver paura di fare proposte nuove.

    Seconda Scheda

    I Giovani avranno visioni

    (Laboratorio di riflessione e di progettazione)

    Il tempo delle domande: Ascolto e Riconoscimento

    Obiettivo: Riconoscere l’inquietudine giovanile come spazio fecondo per la libertà e la vocazione, e aiutare il consiglio pastorale a cogliere le domande che emergono dal vissuto dei giovani come chiamate profetiche per la comunità.

    Materiale necessario:

    Fogli A3 o lavagna.

    • penne

    • Post-it di due colori diversi (es. giallo e verde).

    • Il testo della “Scelta pastorale diocesana dei giovani” stampato per ogni partecipante.

    Riflessione individuale (10 min): Chiedi a ogni partecipante di scrivere su un Post-it giallo una o due parole che riassumono il suo sentimento o la sua prima impressione verso la gioventù di oggi. (Esempi: “lontananza”, “difficoltà”, “entusiasmo”, “sfida”, “speranza”).

    Invita poi a posizionare i Post-it sull’A3 o su una lavagna. Questo passaggio serve a far emergere il punto di partenza emotivo e valoriale del gruppo.

    Stimolo iniziale

    Quando si è giovani, è più facile percepire l’urgenza delle domande autentiche, quelle che non si accontentano delle risposte prefabbricate.”

    Questa frase dell’articolo di Padre Roberto Pasolini ci invita a considerare le domande dei giovani non come problemi da risolvere, ma come rivelazioni da accogliere.

    Dinamica: “Domande che fanno nascere la Chiesa” (10 minuti):

    Nei primi minuti, si leggerà personalmente l’articolo (o parte di esso) Pasolini: le “visioni” dei giovani per il futuro di tutti.

    Al centro viene posta una cesta contente alcune domande che i giovani pongono alla Chiesa. Subito dopo, a turno, ciascuno estrae un foglio sul quale è riportata una domanda e dopo averla letta, la conserva per un secondo momento.

    (NB. Sono domande che la PG può raccogliere fra le varie realtà giovanili diocesane o dall’equipe in una fase preliminare alla consegna del documento).

    2. Dono e Missione

    Obiettivo: Dopo l’attività iniziale, si può avviare una riflessione “pratica” tra gli adulti del Consiglio Pastorale per individuare azioni concrete che mettano al centro i giovani, accogliendoli come un “dono prezioso” e non come un problema.

    Analisi delle sfide (10 min): Chiedi ai partecipanti di scrivere su un Post-it verde le sfide o le difficoltà che la loro parrocchia incontra nel coinvolgere i giovani. (Esempi: “i giovani non vengono in chiesa”, “non sanno cosa chiedere”, “non abbiamo spazi per loro”). Appuntate questi post-it in una sezione della lavagna intitolata “Le nostre sfide”.

    Ribaltare la prospettiva (15 min): A questo punto, il facilitatore del laboratorio legge ad alta voce la frase del documento diocesano: “…la consapevolezza che essi sono un dono prezioso, la certezza di sapere che il Signore agisce e parla attraverso di loro e l’umiltà di lasciarsi arricchire da loro…”.

    Chiedi ai partecipanti di formare piccoli gruppi.

    Ogni gruppo prende 2-3 Post-it verdi della sezione “Le nostre sfide” e per ogni sfida, il gruppo deve cercare di ribaltare la prospettiva, riformulandola non come un problema da risolvere, ma come un’opportunità o un “dono” da accogliere.

    Esempio:

    Sfida: “I giovani non frequentano la chiesa.”

    Ribaltamento: “I giovani frequentano altri luoghi: è un’opportunità per la comunità di uscire dalle mura e incontrarli nel loro ambiente”.

    • Dopo la discussione, ogni gruppo condivide il proprio “ribaltamento”.

    3. Proposte operative

    Partendo dal nuovo punto di vista, si chiede al consiglio di generare idee concrete per la parrocchia. Le proposte devono rispettare i criteri del documento: presenza, non-giudizio e provare a rispondere alle domande iniziali dei giovani.

    Le proposte devono essere semplici e realizzabili, volendoanche nel breve termine (es. “un aperitivo con la testimonianza di un giovane della comunità su un tema che lo appassiona”, “un’iniziativa di volontariato guidata da un gruppo di ragazzi”, “un gruppo di preghiera tra pari”).

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    POSSIBILI PISTE di RIFLESSIONE per i GIOVANI

    1. Ti interessa incontrare il Signore? Perché?
    2. Cosa ti spinge a fidarti di Gesù? Cosa invece ti blocca?
    3. Dove ti senti veramente “a casa”? (A scuola, tra gli amici, sui ‘social’, nelle tue comunità o – magari – in Chiesa?)
    4. Cosa chiedi e cosa dai alla tua comunità parrocchiale per sentirti veramente in casa?

clic qui per l’articolo sul sito della Diocesi di San Severo