
La nota pastorale pubblicata oggi “Educare a una pace disarmata e disarmante” interpella profondamente la comunità ecclesiale italiana in un momento storico segnato da conflitti crescenti e da trasformazioni tecnologiche senza precedenti; ci consegna una visione profetica e concreta.
Tra i tanti aspetti evidenziati dal documento, mi pare ce ne sia uno particolarmente significativo: l’impatto della Rete e dell’intelligenza artificiale sulla costruzione della pace poiché quest’ultima “non si pratica né si costruisce solo sul terreno politico o diplomatico, ma attraversa anche i linguaggi, gli immaginari collettivi e i flussi informativi”.
La Nota CEI ci ricorda con chiarezza che Internet non è più un semplice strumento di comunicazione, ma è diventato un vero e proprio ambiente che riconfigura la percezione del reale, produce identità frammentarie con effetti relazionali e genera narrazioni spesso scollegate dalla realtà dei fatti.
Nei profili digitali – si legge nel documento – frequentemente distanti dalla persona concreta, si radicano emozioni capaci di oscurare la verità al punto da alimentare con facilità risentimenti, paure e sfiducia reciproca.
Mi pare che si accetti con pericolosa rassegnazione il fatto che in questo spazio smaterializzato il linguaggio diventi più aggressivo, l’altro venga ridotto a caricatura e che la dignità della persona possa essere sacrificata alla logica dello scontro.
I sistemi di intelligenza artificiale, la cui capacità di generare contenuti indistinguibili dal reale rischia di cancellare il confine tra ciò che esiste e ciò che è artificialmente costruito per orientare opinioni e comportamenti, non possono che amplificare tutto questo.
Papa Francesco a giugno 2024, rivolgendosi ai leader del G7, aveva definito l’intelligenza artificiale uno strumento “affascinante e tremendo”, mettendone in evidenza da un lato il potenziale di bene possibile, dall’altro la dilatazione delle zone d’ombra a minaccia della dignità umana (cfr. Nota “Antiqua et nova” del Dicastero per la Dottrina della Fede e del Dicastero per la Cultura e l’Educazione).
La tentazione di ridurre il confronto democratico alla rapidità dei post sui social, la confusione tra popolarità digitale e consenso reale, le diverse forme di odio online, sono solo alcuni degli effetti possibili sulla vita sociale e politica delle comunità.
L’impatto della Rete sulle forme del pensare e del vivere rende ancora più evidente che, senza una visione chiara della persona – della sua dignità, dei suoi limiti e delle sue possibilità – diventa impossibile valutare la liceità dei comportamenti digitali e discernere ciò che favorisce l’umano da ciò che lo disorienta o lo ferisce. A fronte della non neutralità dell’ambiente digitale, la condivisione di un riferimento antropologico saldo è condizione essenziale per orientare in modo giusto l’agire nella sfera digitale, affinché – come si legge nella Nota – “l’innovazione non si sostituisca ai criteri etici, ma sia misurata continuamente alla verità dell’essere umano che dovrebbe servire”.
Con un’espressione illuminante, la Nota afferma che “nell’epoca digitale, educare alla pace significa anche educare alla verità, alla responsabilità e al discernimento morale, affinché la Rete e l’intelligenza artificiale non diventino strumenti di divisione, ma luoghi in cui custodire la dignità della persona e costruire la fraternità umana”. Questo richiamo si inserisce nel solco della riflessione sul cosiddetto “capitalismo della sorveglianza”, che ha messo in luce come il potere informativo oggi non descriva soltanto la realtà ma tenda a modellarla, orientando comportamenti, emozioni e scelte delle persone.
Cosa possiamo fare? Continuiamo a investire nella formazione: sebbene le richieste di formazione non manchino, purtroppo poi la partecipazione effettiva alle iniziative è scarsa. Vanno attivati a più livelli percorsi educativi rivolti a giovani, famiglie ed educatori sull’uso consapevole e responsabile dei media digitali, sviluppando capacità di discernimento critico, promuovendo una cultura della verifica e della responsabilità.
Lo dico con uno slogan che potrà sembrare fuori tempo: “i volti prima dei profili”; la comunità ecclesiale può rappresentare ancora per molti lo spazio di incontro autentico che va oltre la frammentazione digitale e che favorisce relazioni reali che umanizzano la comunicazione. La sfida di costruire la pace anche nel mondo digitale richiede il contributo di tutta la comunità cristiana.
Oronzo Marraffa







