Stasera 8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, l’arcivescovo Angelo Raffaele Panzetta presiederà, alle 18, la solenne celebrazione eucaristica presso la parrocchia di San Pio X in Lecce, con il rito di Ammissione agli ordini sacri del diaconato e del presbiterato del seminarista Damiano Gianfreda.

 

 

 

 

Nel giorno in cui la Chiesa universale celebra il dogma della Concezione sine labe della Vergine Maria, anche la Chiesa di Lecce riceve il dono di accogliere pubblicamente la vocazione di un giovane in cammino verso il sacerdozio, che attualmente frequenta il quinto anno di teologia presso il seminario regionale di Molfetta, impegnandosi ad accompagnarlo con la preghiera e l’amicizia nelle successive tappe ministeriali.

E lui ci ha raccontato le tappe che hanno contrassegnato la sua vita e la sua vocazione per meglio farsi conoscere dai lettori di Portalecce.

 

 

Damiano, in che modo la tua vita personale si intreccia alla tua storia vocazionale?

 

Avevo 24 anni e fino all’incontro con Cristo, in realtà, non avevo mai fatto esperienza dell’ascolto vero, quello, autentico. Ero un ragazzo pieno di ambizioni, sogni e desideri: volevo diventare un docente di lettere classiche, però non avevo ancora fatto i conti con l’incontro autentico con la Parola di un Dio che sceglie di rivolgersi all’uomo. Nel periodo in cui poi mi sono iscritto alla facoltà di filosofia, nonostante mi sembrasse di vivere la vita che sognavo, avvertivo una grande insoddisfazione che, di fatto, creava un vuoto sempre più grande, fino a quando, in qualche modo, proprio l’abitare quel vuoto mi ha posto nelle condizioni di poter ascoltare la Parola. Lì si stava creando lo spazio giusto per poter dialogare con il Signore, stava diventando il luogo dell’incontro con un Padre. Una parola in modo particolare mi ha colpito, tracciando un segno indelebile nel mio cammino, rivelandosi una vera e propria promessa da parte di Dio: “cambierò il tuo cuore di pietra e in un cuore di carne” (Ez 36,26-27). Ho sentito per la prima volta che quelle parole erano rivolte proprio a me: quelle parole mi rivelavano che nella mia vita c’era un Altro. Un passaggio altrettanto importante è stato, invece, l’incontro con i fratelli che vivono in strada. Loro mi hanno spalancato la possibilità di incontrare realmente Cristo, di vederne la carne viva, di toccare con mano le ferite. Tutti gli incontri fatti, tutti i volti incontrati, mi hanno rivelato il volto di Cristo che mi invitava a servirlo. Con loro Cristo guariva le mie ferite donandomi misericordia. Il cammino di sequela nasce, pertanto, da un profondo desiderio di gratitudine per un dono così grande. L’incontro con la Parola mi ha messo nelle condizioni poi di camminare, compiendo un esodo che mi conduceva ad abitare il cuore. La mia è una risposta all’amore di Dio, una risposta grata all’amore di Dio che si è chinato sulla mia miseria con tutta la sua misericordia. Da lì, con l’aiuto della Chiesa, la prima decisione di frequentare l’anno propedeutico.

 

 

Che cosa rappresenta per te questo passo decisivo verso il sacerdozio e cosa ti auguri per la tua vita da questo giorno in poi?

 

Questo è un passo fondamentale perché mi permette di riconoscere il discernimento della Chiesa. Mi rivela la grazia stessa di Cristo, poiché le sue membra vive accolgono, sostengono e riconoscono il disegno d’amore che Dio mi affida. Durante il rito, l’arcivescovo si rivolgerà a me dicendomi: “Figlio mio carissimo”. Questa espressione ha per me un grande significato poiché mi rivela la paternità di Dio e la maternità della Chiesa. Il riconoscermi figlio in questa circostanza, attraverso questa celebrazione, mi rivela il mio posto nel cuore del Padre, secondo quanto l’Apostolo afferma nella lettera alla comunità di Roma – “avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!»” – e questo può avvenire solo nella Chiesa. Mi auguro che attraverso questo passo dentro di me si formi un vuoto enorme, un vuoto talmente tanto grande che possa essere colmato solo dall’incontro con Dio. Perché sono certo del fatto che nel cammino che mi viene affidato non dovrò portare nulla di me, ma solo l’esperienza vera di Dio. Di un Dio che ascolta, di un Dio che è misericordioso, di un Dio che si china verso di me.

 

 

Che cosa prevede ora il resto del cammino? Quali sono le prossime tappe verso la consacrazione definitiva?

 

Di fatto l’amissione agli ordini sacri del diaconato e del presbiterato è una prima tappa in cui, in qualche modo, presento quella che è la mia chiamata, la Chiesa la accoglie e di conseguenza risponde cercando di accompagnarmi nel cammino in maniera ufficiale. Nel momento in cui ho avvertito nel cuore quella chiamata di Dio a seguirlo, a mettermi dietro di lui per poter servire le persone che Lui ama, ho sentito la sua presenza viva dentro di me. Tuttavia, poi questo è passato nelle mani del discernimento della Chiesa, arrivando prima con il discernimento nella Chiesa locale, successivamente con il propedeutico e poi ancora con il seminario regionale. Quindi è una comunità ecclesiale intera che, assieme all’arcivescovo prende consapevolezza e accompagna quella che è una scelta di Dio. Ora frequento l’ultimo anno di seminario e quindi da qui in poi, dal prossimo anno la mia vita sarà consegnata in maniera più concreta nelle mani della Chiesa. Il cammino poi prevede quelle che sono le successive tappe del diaconato e del presbiterato, in base a quello che sarà il discernimento personale e, in modo particolare, in comunione ecclesiale.

 

 

 

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