Omelia nella Messa di ringraziamento per gli ottant’anni di don Renato Attanasio
Chiesa Trasfigurazione, Taurisano 6 novembre 2022. 

Caro don Renato, 
ci stringiamo con affetto e gioia attorno alla tua persona nel tuo ottantesimo compleanno.  Ottant’anni sono tanti, la vita però rimane fragile e passeggera. Se ne fa interprete il salmista quando afferma: «Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo» (Sal 89,10). Nessuno può dirsi padrone della sua vita. Tutti siamo chiamati a vivere il tempo come dono e impegno senza lasciarci imprigionare dalla nostalgia del passato o dalla preoccupazione del futuro.

Oggi, rendi grazie a Dio per i doni che ti ha elargito con abbondanza in questi anni. Ripercorri con la memoria le tappe della tua esistenza dove affiorano innumerevoli volti, molti dei quali a te particolarmente cari. Sono ricordi di eventi ordinari e straordinari, di momenti lieti e di vicende segnate dalla sofferenza. Sopra ogni cosa, vedi stendersi la mano provvidente e misericordiosa di Dio Padre. Con il salmista, rivolgi a lui questa preghiera: «Tu mi hai istruito, o Dio, fin dalla giovinezza e ancora oggi proclamo i tuoi prodigi. E ora, nella vecchiaia e nella canizie, Dio, non abbandonarmi, finché io annunzi la tua potenza, a tutte le generazioni le tue meraviglie» (Sal 70, 17-18).

Anche se, per le tue condizioni fisiche, non eserciti il ministero pastorale, rimani vigile in parrocchia come custode della memoria collettiva. Questa comunità cristiana può ricevere ancora molto dalla tua serena presenza, dalla tua silenziosa preghiera, dalla testimonianza della sofferenza che accogli con paziente e confidente abbandono nelle mani della divina misericordia. Proprio mentre vengono meno le energie e le forze fisiche e si riducono le capacità operative, il tuo esempio di vita diventa più prezioso e più efficace. Risulta così confermato un principio che è caro alla fede cristiana: «Le tribolazioni non solo non distruggono la speranza, ma ne sono il fondamento»[1].

Tempus fugit, amor manet

Ci insegni così a saper valorizzare il tempo. Siamo immersi nel tempo e «il tempo fugge irrimediabilmente»[2]. Ogni tentativo di fermare l’orologio è vano. Ma se il tempo fugge e tutto passa, l’amore rimane in eterno. Così canta Antonino Massimo Rugolo nella sua poesia E l’amore guardò il tempo e rise«Perché sapeva di non averne bisogno. / Perché sapeva / l’infinita potenza del cuore […] / Ma poi [l’amore] si addormentò in un angolo di cuore / per un tempo che non esisteva /e il tempo cercò di prevalere […] / Così mentre il tempo moriva, restava l’amore»[3].

Sant’Efrem il Siro amava paragonare la vita alle dita di una mano, sia per mettere in evidenza che la sua lunghezza non va oltre quella di una spanna, sia per indicare che, al pari di ciascun dito, ogni fase della vita ha la sua caratteristica: «Le dita rappresentano i cinque gradini su cui l’uomo avanza»[4]. Seguendo l’analogia suggerita dalle stagioni e dal susseguirsi delle fasi della natura, a volte, si parla della vecchiaia come “l’autunno della vita”[5].  E se l’infanzia e la giovinezza sono il periodo in cui guardare al futuro, la vecchiaia è il tempo dell’accrescimento della sapienza e di consigli maturi[6].   

«Il tempo è un grande maestro»[7]. Alla scuola della Scrittura impariamo a riconoscere, nei giorni trascorsi, la presenza di Dio, a scorgere le orme del suo invisibile passaggio per celebrare ogni più piccolo frammento di vita in rapporto all’eternità di Dio. Il Salmo 90 proclama: «Ai tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte. Li annienti, li sommergi nel sonno; sono come l’erba che germoglia al mattino: al mattino fiorisce, germoglia, alla sera è falciata e dissecca» (vv. 4-6). E ancora: «Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per più robusti, ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo» (vv. 9-10). Anche tu hai fatto l’esperienza di cui parla il libro di Giobbe: «I miei giorni passano più veloci di un corriere, fuggono senza godere alcun bene, volano come barche di giunchi, come aquila che vola sulla preda» (Gb 9, 25-26). 

Come albero piantato lungo il fiume 

Caro don Renato, considerando l’intero arco della tua esistenza, puoi intenderla come un albero piantato lungo il fiume e come l’argilla nelle mani del vasaio. La prima immagine sottolinea che la vita è fragile e il tempo a disposizione non è infinito. Non possiamo permetterci di sprecare i nostri giorni, di buttarli via. Purtroppo molte vite inaridiscono senza fiorire. Sono seccate già al mattino. Sono come le piante artificiali o come fiori recisi senza radici. Possono sembrare belli, ma presto muoiono. 

Un albero ha bisogno di luce, di acqua e delle radici per vivere. La vita del giusto è proprio come un albero piantato lungo il fiume che dà frutto nella sua stagione (cfr. Sal 1, 3-6). Un albero è una vera benedizione: mantiene saldo il terreno, dà ombra e produce frutti. Le sue radici vanno in profondità e attingono l’acqua dalle falde sotterranee. Quasi sintetizzando le fulgide testimonianze degli anziani, il salmo 92 proclama: «Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano […]. Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi, per annunziare quanto è retto il Signore (13, 15-16).

Dio il vasaio e tu l’argilla nelle sue mani

Anche l’immagine dell’argilla nelle mani del vasaio è suggestiva. L’episodio è descritto nel libro del profeta Geremia (cfr. Ger 18,1-6) è uno straordinario simbolo. Il profeta recatosi per comando di Dio nella casa del vasaio lo trova intento a lavorare alla ruota un vaso. L’argilla non si amalgama per la presenza di scorie dure. Il vasaio, tuttavia, non perde la calma, non getta via l’argilla, ma con molta pazienza la impasta nuovamente fino a riuscire a modellare il vaso secondo il suo desiderio.

L’immagine ritorna nel libro del Siracide: «Come l’argilla nelle mani del vasaio che la modella a suo piacimento, così sono gli uomini nelle mani di colui che li ha creati» (Sir 33,13). Certo rimane la fatica dei piedi nel girare la ruota e lo sforzo delle braccia per vincere la resistenza dell’argilla (cfr. Sir 38,29-30) e consentire che la materia trovi il suo centro. Occorre far convergere tutte le linee prospettiche verso un centro preciso. Questo è ciò che Dio ha compiuto nella creazione e nella redenzione. Questo è anche il difficile travaglio della storia. Essa non è ancora giunta al suo compimento e non tutto gira attorno al suo principio (cfr. Ef 1,10). 

Così è stato per la tua vita. Pazientemente il Signore ti è stato accanto e ti ha aiutato a trovare il centro, Gesù Cristo, attorno al quale hai raccolto tutto te stesso. Non è stato tutto facile. Non si trova subito il punto di equilibrio. Occorre pazienza. È necessario accompagnare il movimento della rotazione con fermezza, attendendo che la terra inumidita sia tutta rimodellata. Pian piano, Dio ti ha plasmato. Nonostante le tue resistenze, non ti ha abbandonato, non si è mai allontanato da te, ha continuato la sua opera e ti ha reso uno splendido vaso per dare onore e gloria al suo nome.

Giungere alla sapienza del cuore 

Ora, caro don Renato, nel giorno del tuo ottantesimo compleanno, rivolgi al Signore la preghiera con le parole del salmista: «Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore» (Sal 90, 12). Nella Bibbia, contare vuol dire raccontare, ritornare sul proprio vissuto per inserire i singoli eventi in una mappa di senso, in una trama che non è solo soggettiva, ma si colloca nell’orizzonte più ampio della storia della tua famiglia, di questa comunità parrocchiale e dell’intera comunità diocesana. Scoprirai che la tua vicenda umana è all’interno di una storia di salvezza, una piccola, ma significativa parte delle grandi narrazioni del popolo di Dio. Inserito in questo contesto comunitario, riconosci la presenza costante e fedele del Signore e fai l’esperienza della sua azione liberatrice e misericordiosa.

Guarda al passato e sporgiti verso il futuro sempre con la fiducia e l’abbandono nelle mani di Dio Padre. La fede biblica è soprattutto questo: fiducia in Dio, nella vita, negli uomini. Fiducia è anche prenderti cura della tua fragilità. È la via maestra che porta alla sapienza del cuore[8], a quella saggezza che è conoscenza dell’intima natura dell’uomo e del rapporto vitale con gli altri e con il Signore.  Inserisci la tua vita in un’architettura di senso, imparando anche a stare nella sofferenza, senza cercare vie di fuga, ma confidando unicamente in Dio, nella sua dolcezza di madre, nella sua tenerezza di Padre, nella sua infinita misericordia e benevolenza. Egli conosce il tuo cuore, sa quello che hai costruito nel tempo per il bene di coloro che ti sono stati affidati, valuta con sapienza ogni cosa e promette la sua gioia che sazia il cuore e rallegra la vita. 

Ora, caro don Renato, segui l’esempio di Mosè il quale, durante la battaglia di Giosuè contro Amalek, rimase sul monte a pregare con le braccia alzate, aiutato da Aronne e Chur (cfr. Es 17,8-13). Adottando questa strategia, mentre tu passi la tua giornata in preghiera, la comunità parrocchiale svolgerà con frutto la sua missione evangelizzatrice. 

Buon compleanno e auguri da tutti noi!


[1] Giovanni crisostomo, Commento alla Lettera ai Romani, 9, 2.

[2] «Fugit inreparabile tempus», Virgilio, Georgiche, III, 284.

[3] Antonio Massimo RugoloSulle ali della tenerezza, Editore Laruffa, Reggio Calabria 2007 p. 72.

[4] Efrem il Siro, Su “Tutto è vanità e afflizione di spirito”, 5-6.

[5] Cfr. M. T. Cicerone, Cato maior, seu De senectute, 19, 70.

[6] Auget sapientiam, dat maturiora consilia ”, Girolamo, Commentaria in Amos, 2, prol.

[7] Corneille, Sertorius, a. II, sc. 4, b. 717.

[8] Cfr. L. Mortari, La sapienza del cuore. Pensare le emozioni, sentire i pensieri, Raffaello Cortina Editore, Milano 2017. 

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