L’attenzione di Gesù verso la folla emerge ancora nella pagina evangelica di questa domenica. In molti seguono Gesù, sono attratti da Lui, hanno desiderio della sua Parola, e Gesù stesso si preoccupa per ogni persona che lo segue. Prende infatti l’iniziativa di sfamare la folla: è chiaro che per l’evangelista è importante sottolineare come il segno che Gesù sta per compiere sia frutto di una sua autonoma iniziativa.

L’evangelista osserva ancora che, con la sua richiesta, Gesù intende mettere Filippo alla prova, mentre egli sa già quello che sta per fare. All’incomprensione di Filippo si aggiunge quella di Andrea, anche se, inaspettatamente, il suo intervento appare risolutivo: Gesù prende i pani e, dopo aver reso grazie, secondo la consuetudine giudaica, li distribuisce personalmente alla folla. Giovanni riassume l’agire di Gesù in tre verbi – «Prese il pane, rese grazie e distribuì» – che richiamano subito l’Eucaristia, ma che possono fare dell’intera vita un sacramento: prendere, rendere grazie, donare.

Gesù opera il prodigio vicino alla Pasqua circondato da una grande folla. Così, il Maestro è come il grande condottiero Mosè, che in occasione della Pasqua salvò gli ebrei e ottenne loro un pane miracoloso non più dimenticato, la manna. La narrazione giovannea riecheggia molti tratti di un prodigio operato nell’Antico Testamento dal profeta Eliseo, come narra la Prima Lettura. Nell’uno e nell’altro caso, l’invito a sfamare le folle, l’obiezione che questo è impossibile, la narrazione del prodigio, la cura degli avanzi. Percorrendo le letture prima e terza, risaltano bene le affinità dei due racconti, ma il miracolo di Gesù è in proporzioni più grandi: in un deserto, di fronte a cinque mila uomini. Forse anche questo linguaggio vuol dire che egli è più di un profeta, infatti, dopo il miracolo il popolo vorrebbe far re Gesù che, invece, trarrà ben altre conclusioni e altri insegnamenti dal suo prodigio.

Don Tiziano Galati
Responsabile dell’Apostolato Biblico
Ufficio Catechistico

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