Nella solennità dell’Assunzione al cielo della Beata Vergine Maria, l’arcivescovo metropolita di Lecce, Angelo Raffaele Panzetta ha presieduto la solenne concelebrazione eucaristica nella chiesa cattedrale intitolata proprio all’Assunta (LEGGI).

 

 

 

 

L’omelia (IL TESTO INTEGRALE) è stata un’autentica catechesi mariana che ha voluto consentire all’assemblea di superare quell’empasse che si verifica nel momento in cui si guarda a Maria come ad una creatura al di fuori dall’ordinario.

Panzetta, dunque, ha guidato l’uditorio a comprendere che tutto ciò che è accaduto nella esistenza della Madonna accadrà anche nella storia di ogni credente a patto di dare a Dio il primato.

Ecco le parole del presule leccese: “In questo giorno la nostra gratitudine va innanzitutto al Padre che ha fatto di Maria una creatura straordinaria. Maria di Nazareth non è una dea, né una semidea, è una creatura come noi, però, è una creatura nella quale Dio è intervenuto salvificamente. Una creatura tutta ripiena della grazia di Dio, una creatura tutta a disposizione di Dio e della sua volontà, una creatura bellissima, di una bellezza che oggi potremmo considerare quasi fuori moda perché non è la bellezza ottenuta dall’essere curati, dal lifting o da altre modalità moderne utilizzate per rimanere per sempre giovani. La bellezza di Maria è la bellezza di una creatura che si lascia abitare da Dio; la bellezza di una creatura che si lascia guidare da Dio e che, nelle sue mani, diventa un vero capolavoro, un’epifania della grazia di Dio”.

Maria che sale al cielo, tuttavia, non è un evento magico ma diventa un fatto che invita la Chiesa ad entrare, qualora ce ne fosse bisogno ulteriormente, nel mistero pasquale di Cristo.

Uno dei frutti della Pasqua di Gesù, che in chiave paolina è la primizia, il primo capolavoro è, dunque, proprio l’assunzione celeste della Madre sua, concetto espresso molto efficacemente dall’arcivescovo Panzetta.

Ecco il pastore leccese: “Questa festa ci consente di guardare con gratitudine al Mistero Pasquale di Gesù: proprio perché Gesù ha sconfitto la morte, Maria di Nazareth non è stata travolta da essa; proprio perché Gesù ha aperto la porta della vita, Maria di Nazareth l’ha potuta attraversare. Questa festa, dunque, è la festa del trionfo della vita, della vita nuova, della vita teologale che Gesù ha messo a disposizione con la sua Pasqua di morte e di risurrezione. L’immagine usata da Paolo è potentemente evocativa: Gesù è la primizia. Tutti sappiamo che dopo le primizie si raccolgono gli altri frutti. Così è avvenuto: Gesù come primizia è morto e risorto e, dopo di lui, altri frutti. Il primo frutto eccellente che ha percorso la via aperta da Gesù è proprio Maria di Nazareth: Maria brilla nella luce della Pasqua di Gesù ed è assunta nella gloria del Cielo”.

Pertanto, la solennità della Pasqua di Maria, getta un fascio di luce potentemente evocativo anche nella vita del credente perché gli ricorda che la sua vita non cade nel nulla ma che anche egli deve coltivare la speranza di poter camminare sulla via tracciata da Cristo e percorsa dalla Vergine Santa: stare in Dio lì dove il Signore si farà tutto in tutti.

Ancora Panzetta: “Dante, parlando di Maria, la descrive come fontana vivace di speranza: è una meraviglia. È proprio vero: mentre guardiamo Lei che sale al cielo, siamo convinti che anche noi faremo la stessa strada e che tutti i nostri amici che ci hanno preceduti nell’incontro con Cristo, anche loro vivono nella gloria eterna. Per entrare in questa gloria, però, sappiamo la strada. Maria di Nazareth, nel brano odierno del Vangelo e, più ampiamente, in tutto il Nuovo Testamento ci indica la strada: la strada della docilità, la strada della docibilità, la strada della disponibilità totale a compiere la volontà di Dio”.

Dunque, una giornata quella di ieri che può sintetizzare la vita di Maria con le splendide parole di Lumen Gentium 58: “in peregrinatione fidei preocessit”.

Che Ella, dunque, insegni ad ogni credente nel suo Figlio Gesù a fare della propria esistenza un pellegrinaggio di fede.

 

 

Photogallery di Arturo Caprioli.

 

 

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