Istruttorie bancarie lunghe che favoriscono il ricorso al credito illegale, un sistema poco flessibile rispetto alle esigenze delle vittime di usura di questi tempo, più famiglie e microimprenditori che aziende medio grandi. E infine la consueta incapacità italiana di finanziare la prevenzione del sovraindebitamento.
E ìl quadro che emerge della ricerca dell’università Cattolica sul ruolo delle Fondazioni antiusura presentata a Bari dove si sta svolgendo l’assemblea nazionale della Consulta. Curata dalla professoressa Antonella Sciarrone Alibrandi, già prorettore vicario della Cattolica e direttrice dell’Osservatorio sul debito privato e attualmente Sottosegretario al dicastero vaticano della cultura e dell’educazione, l’indagine svolta con 24 delle 36 fondazioni tratteggia il profilo dei sovraindebitati nel terzo decennio del secolo.
Si tratta di persone tra i 48 e i 57 anni o pensionati, soprattutto uomini coniugati con famiglie molto numerose. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone che hanno un’occupazione lavorativa e che, tuttavia, percepiscono redditi esigui o, comunque, hanno problemi di cattiva gestione del denaro. Non riescono a onorare i debiti contratti nei confronti di banche e finanziarie (salvo il dato rilevante del “non dichiarato” rispetto alla tipologia dei creditori) soprattutto per eventi relativi all’attività lavorativa, come la perdita dell’occupazione, la cassa integrazione o la riduzione dei redditi.
Lo studio segnala che le banche hanno responsabilità per i tempi di conclusione dell’istruttoria troppo lunghi che rischiano di indurre le persone a ricercare forme di credito illegale. Inoltre sussiste un gap tra le richieste di garanzia accolte da associazioni e fondazioni e i mutui effettivamente erogati dalle banche. La ricerca ricorda al riguardo la raccomandazione contenuta nell’Accordo quadro nazionale del 2021 che esorta gli istituti bancari a valorizzare gli accertamenti già svolti dai Confidi e dalle Fondazioni e Associazioni antiusura.
Una certa rigidità del sistema che va a discapito del debitore ha finora impedito di attuare la legge di Bilancio 2021, che riconosce ai Confidi, consorzi di garanzia per i prestiti alle piccole e medie imprese, la possibilità di erogare crediti di minore importo ricorrendo alle somme del fondo di prevenzione dell’usura.
Analoga possibilità di erogazioni dirette non è invece riconosciuta alle Associazioni e Fondazioni antiusura. “In tal senso – suggerisce la ricerca della Cattolica – sarebbe opportuna una modifica alla normativa che consenta anche ad associazioni e fondazioni l’erogazione diretta di prestiti di piccolo importo sotto i 5000 euro utilizzando le risorse del Fondo per intercettare la necessità dei bisogni urgenti”.
Lo Stato infine dovrebbe riconoscere il ruolo di prevenzione dell’indebitamento fatto dalle fondazioni aumentando le erogazioni per la copertura dei costi.
Da anni la Consulta Nazionale Antiusura propone di destinare la metà dei residui annuali non utilizzati dal Fondo di solidarietà alle vittime dell’usura.
La ricerca propone infine una ripartizione differente delle risorse complessive del Fondo che tenga “meglio conto del significativo impatto che il fenomeno del sovraindebitamento ha oggi su individui e famiglie rispetto a quello prodotto sulle imprese”. In pratica passare dal 70% dei fondi a disposizione di Confidi contro il 30% alle fondazioni e associazioni al 50%. E chissà che in questo modo un fenomeno sommerso e occultato non riesca ad emergere.