“Ripenso con gioia alla Chiesa locale e al popolo mongolo: un popolo nobile e saggio, che mi ha dimostrato tanta cordialità e affetto”. Sono le parole con cui Papa Francesco dà inizio alla catechesi di questo mercoledì con al centro il viaggio apostolico in Mongolia dal 31 agosto al 4 settembre.

“Il Signore replicò a Samuele: “Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore. (1 Sam 16,6-7)”

Il Signore cerca il cuore semplice

Descrivendo i momenti più significativi ma soprattutto i sentimenti provati e le riflessioni suscitate dalla realtà incontrata, il Papa spiega il perché della sua scelta di andare così lontano per incontrare un “gregge” così piccolo. Proprio lì, afferma, si possono trovare “i segni della presenza di Dio”, Il Signore infatti non guarda alle apparenze ma alla semplicità del cuore di chi vuol amarlo senza clamore:

E io ho avuto la grazia di incontrare in Mongolia una Chiesa umile, ma una Chiesa lieta, che è nel cuore di Dio, e posso testimoniarvi la loro gioia nel trovarsi per alcuni giorni anche al centro della Chiesa.

Una comunità giovane veramente cattolica cioè universale

Francesco mette in evidenza come quella Chiesa sia nata solo 30 anni fa grazie allo zelo apostolico di alcuni missionari di diverse nazioni che, “non sono andati lì a fare proselitismo”, e hanno saputo dare vita “a una comunità unita e veramente cattolica”, cioè “universale. E spiega che quella della Chiesa non è un’universalità che rende tutti uguali ma che si incultura, si incarna, cogliendo “il bene lì dove vive e serve la gente con cui vive”. E sottolinea come suo segno distintivo sia “il servizio del Signore e dei fratelli”. La Chiesa in Mongolia, sottolinea, è nata “nel solco della carità, che è la testimonianza migliore della fede”. E ricorda che durante la sua visita ha potuto benedire e inaugurare l’opera caritativa “Casa della misericordia”.

Una casa che è il biglietto da visita di quei cristiani, ma che richiama ogni nostra comunità a essere casa della misericordia cioè luogo aperto, luogo accogliente, dove le miserie di ciascuno possano entrare senza vergogna a contatto con la misericordia di Dio che rialza e risana. Ecco la testimonianza della Chiesa mongola, con missionari di vari Paesi che si sentono un’unica cosa con il popolo, lieti di servirlo e di scoprire le bellezze che già vi sono.

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Riconoscere le bellezze di un popolo

E a proposito di bellezze di un popolo, il Papa dice di aver apprezzato in Mongolia la ricerca religiosa di tante persone conosciute durante l’incontro interreligioso ed ecumenico, in particolare aderenti al buddismo, persone che, afferma, “nel silenzio vivono la loro religiosità in modo sincero e radicale, attraverso l’altruismo e la lotta alle proprie passioni”.

Pensiamo a quanti semi di bene, nel nascondimento, fanno germogliare il giardino del mondo, mentre abitualmente sentiamo parlare solo del rumore degli alberi che cadono! E questa è una … alla gente, anche a noi, piace lo scandalo: “Ma guarda che barbarità, è caduto un albero, il rumore che ha fatto!” – “Ma tu non vedi la foresta che cresce tutti i giorni?”, perché la crescita è in silenzio. 

E’ necessario saper riconoscere il bene e valorizzare l’altro come fa il popolo mongolo, ribadisce Papa Francesco. 

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Allargare lo sguardo per dilatare i propri orizzonti

Il Papa conclude condividendo il suo sentire: “Sono stato nel cuore dell’Asia – afferma – e mi ha fatto bene”. E spiega che fa bene guardare a quel continente che ha tanto da insegnare e che può aiutarci a guardare le cose sotto un’altra ottica. Afferma, in parte a braccio:

Mi ha fatto bene incontrare il popolo mongolo, che custodisce le radici e le tradizioni, rispetta gli anziani e vive in armonia con l’ambiente: è un popolo che scruta il cielo e sente il respiro del creato. Pensando alle distese sconfinate e silenziose della Mongolia, lasciamoci stimolare dal bisogno di allargare i confini del nostro sguardo, per favore: allargare i confini, guardare largo e alto, guardare e non cadere prigionieri delle piccolezze, allargare i confini del nostro sguardo, perché veda il bene che c’è negli altri e sia capace di dilatare i propri orizzonti e anche dilatare il proprio cuore, ci vuole far crescere, dilatare il cuore per capire, per essere vicino a ogni persona e a ogni civiltà.

Adriana Masotti – Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, mercoledì 6 settembre 2023

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