Per dodici volte il Papa versa dell’acqua sui piedi di altrettanti ragazzi del carcere minorile di Casal del Marmo. Per dodici volte li asciuga con un drappo bianco.

Per dodici volte bacia quella carne che ha lavato e asciugato. E per dodici volte alza gli occhi sorridente, stringe la mano di chi gli di è fronte e riceve a sua volta un sorriso, un grazie, un bacio sulla mano.

Poco prima, nell’omelia, accennando alla lavanda dei piedi, ha detto «spero cavarmela, perché non cammino tanto bene». Ma tutto va bene, grazie anche alla pedana rialzata sulla quale sono seduti i ragazzi e che non lo costringe a piegarsi troppo. Così sul suo volto, in quei momenti, si cancella ogni sofferenza. Si scorge solo la felicità di chi porta a questi dieci ragazzi e due ragazze Cristo stesso.

E infatti dice loro: «Gesù sa le cose che abbiamo nel cuore e ci ama così come siamo e ci lava i piedi a tutti noi. Gesù non si spaventa mai delle nostre debolezze, vuole prenderci per mano perché la vita sia non tanto dura per noi».

Nella cappella dell’Istituto di pena c’è tanta luce. Fuori è un pomeriggio di sole, quando – poco prima delle 16,00 – il Pontefice arriva. Le vetrate colorate filtrano i raggi e disegnano le immagini della passione di Gesù. Francesco entra in sedia a rotelle, poi indossa la casula e i paramenti liturgici e comincia la Messa in Coena Domini.

Come dieci anni fa, quando proprio qui – a pochi giorni dall’elezione al soglio pontificio – inaugurò la “rivoluzionaria” consuetudine di celebrare il primo momento del triduo pasquale nei luoghi della sofferenza umana. Anche adesso ricorda: «Lavare i piedi non è una cosa folkloristica».

Il gesto vuole farci comprendere che dobbiamo aiutarci gli uni gli altri. «Se noi ascoltassimo questa cosa di Gesù la vita sarebbe così bella. Invece di fare come ci insegnano i furbi a fregare gli uni gli altri. È tanto bello aiutarsi reciprocamente, dare la mano – sottolinea il Pontefice -. Sono gesti umani, universali, ma che nascono da un cuore nobile.L’omelia del Pontefice è un incoraggiamento.

Ognuno di noi può dire: ‘Ma se il Papa sapesse le cose io ho dentro’. Gesù le sa e ci ama così come siamo e ci lava i piedi a tutti. Gesù non si spaventa mai delle nostre debolezze perché lui ha pagato già. Soltanto vuole accompagnarci, vuole prenderci per mano. Io farò lo stesso gesto di lavare i piedi ma non è una cosa folkloristica. Tutti pensiamo che è un gesto che annuncia come dobbiamo essere noi. Uno con l’altro. Nella società vediamo quanta gente si approfitta degli altri, quanta gente che è all’angolo e non riesce a uscire perché è lì e quante ingiustizie e quanta gente senza lavoro, quanta gente che lavora e li pagano la metà, quanta gente che non ha i soldi per pagare le medicine, quante famiglie distrutte. Tante cose brutte. E nessuno può dire io non sono così. Se non sono così è per la grazia di Dio. Ognuno di noi può scivolare e questa coscienza che ognuno può scivolare è quello che ci dà la dignità – ascoltate bene la parola – di essere peccatori. E Gesù ci vuole così. E d è venuto per salvarci, per servirci. Adesso io farò lo stesso come ricordo di ciò che Gesù ci ha insegnato. Aiutare gli uni gli altri”.

Il Papa ha presieduto la celebrazioni, lasciando poi al suo cerimoniere, monsignor Diego Ravelli, e al cappellano del carcere, don Nicolò Ceccolini, di effettuare la liturgia eucaristica, mentre egli partecipava seduto sulla sua sedia. Al termine ha ricevuto il ringraziamento della direttrice del carcere, Maria Teresa Iuliano e i doni dei ragazzi. Una croce realizzata dai giovani che seguono il corso di falegnameria, alcuni biscotti e un pacco di pasta, entrambi realizzati nel pastificio recentemente avviato all’interno del carcere. Ai giovani detenuti, alla direttrice e al personale, Francesco ha a sua volta donato alcuni rosari e delle uova di cioccolato.

Infine il Papa ha benedetto la targa inaugurale della cappella, dedicata al beato Pino Puglisi, di cui c’era un ritratto. I ragazzi ai quali il Papa ha lavato i piedi (maschi e due femmine) erano sei maggiorenni e sei minorenni. Tra loro due ragazzi di origine Sinti, un croato, un musulmano del Senegal, un rumeno e un russo.

Mimmo Muolo

Avvenire, giovedì 6 aprile 2023

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