Rinnovare l’impegno per la diffusione, la conoscenza e l’approfondimento della Sacra Scrittura con una domenica dedicata interamente alla Bibbia. Farlo per comprendere l’inesauribile ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popolo.
Con questi buoni propositi, il 22 Gennaio 2023 la Chiesa torna a celebrare per la quarta volta la Domenica della Parola di Dio, istituita da Papa Francesco con la Lettera apostolica Aperuit illis, pubblicata il 30 settembre 2019, per accrescere nei credenti la familiarità con le Sacre Scritture.
Anche la Diocesi di Altamura – Gravina – Acquaviva delle Fonti, per il tramite dell’Ufficio Catechistico diocesano – Settore Apostolato biblico, si prepara a vivere l’appuntamento, considerando la comunità ecclesiale come “casa della Parola”. «La Domenica della Parola di Dio – spiegano don Antonio Scaramuzzi, Direttore Ufficio Catechistico diocesano e don Francesco Morgese, Responsabile Settore Apostolato biblico – voluta da Papa Francesco ogni anno alla III Domenica del Tempo Ordinario e istituita con il motu proprio Aperuit Illis, rammenta a tutti, pastori e fedeli, l’importanza e il valore della Sacra Scrittura per la vita cristiana, come pure il rapporto tra Parola di Dio e liturgia».
«Gran parte delle indicazioni – precisano – proposte sono tratte dalla «Nota sulla Domenica della Parola di Dio» della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti del 17 dicembre 2020. Già la Costituzione dogmatica Dei Verbum, al n.25, sosteneva che «è necessario che tutti i chierici, principalmente i sacerdoti e quanti, come i diaconi o i catechisti, attendono legittimamente al ministero della parola, conservino un contatto continuo con le Scritture mediante una lettura spirituale assidua e uno studio accurato, affinché non diventi “un vano predicatore della parola di Dio all’esterno colui che non l’ascolta dentro di sé”, mentre deve partecipare ai fedeli a lui affidati le sovrabbondanti ricchezze della parola divina, specialmente nella sacra liturgia. Parimenti il santo Concilio esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli, soprattutto i religiosi, ad apprendere “la sublime scienza di Gesù Cristo” (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture. “L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo”».
Il motto di quest’anno
Quest’anno, il motto è tratto dalla Prima Lettera di Giovanni (1,3): “Vi annunziamo ciò che abbiamo veduto”. Monsignor Valentino Bulgarelli, presbitero dell’arcidiocesi di Bologna, direttore dell’Ufficio Catechistico Nazionale e sottosegretario della Conferenza episcopale utaliana, spiega il significato di questa scelta: “È un’espressione che ci porta al cuore di ciò che è l’evangelizzazione, nel senso che l’incontro con Cristo è talmente trasformante e coinvolgente che il nostro annuncio non è mai solo esclusivamente un annuncio cognitivo di parole, ma è veramente la trasmissione di un qualcosa che si è visto, toccato, incontrato e che quindi come tale coinvolge la totalità della nostra persona. L’esperienza della Parola ascoltata è questo: di una parola, che ti entra nel cuore, nel profondo, e che di fatto ha l’opportunità, se accolta, di modificare tutta la nostra vita”.
Il sussidio liturgico diocesano
Ambone
Per il valore che ha la Parola di Dio, la Chiesa invita a curare
l’ambone dal quale viene proclamata; non è un arredo funzionale,
bensì il luogo consono alla dignità della Parola di Dio, in corrispondenza
con l’altare: parliamo infatti della mensa della Parola
di Dio e del Corpo di Cristo, in riferimento sia all’ambone sia
all’altare. Pertanto l’ambone, tenuta presente la sua struttura, può
essere «sobriamente ornato» (OLM 33).
L’ambone è riservato alle letture, al canto del Salmo responsoriale
e del preconio pasquale; da esso si possono proferire l’omelia
e le intenzioni della preghiera universale, mentre è meno opportuno
che vi si acceda per commenti, avvisi, direzione del
canto (OLM 33).
Libri liturgici
I libri che contengono i brani della Sacra Scrittura suscitano in
coloro che li ascoltano la venerazione e il senso della presenza di
Dio che parla al suo popolo. Per questo si chiede di curare il loro
pregio materiale e il loro buon uso. È inadeguato ricorrere a foglietti,
fotocopie, sussidi in sostituzione dei libri liturgici (OLM
35; 37). Per la preghiera universale si possono usare le suppliche
dell’«Orazionale per la Preghiera Universale» della Conferenza
Episcopale Italiana, pag. 69.
Silenzio
Particolare importanza riveste il silenzio che, favorendo la meditazione,
permette che la Parola di Dio sia accolta interiormente
da chi l’ascolta (OGMR 56; OLM 28).
Processione introitale con l’Evangeliario
L’ascolto del Vangelo, punto culminante della Liturgia della
Parola, è caratterizzato da una particolare venerazione, espressa
non solo dai gesti e dalle acclamazioni, ma dallo stesso libro dei
Vangeli. La modalità rituale più adatta a questa domenica è certamente
la processione introitale con l’Evangeliario (non il Lezionario,
cfr OGMR 120) portato dal diacono, da un presbitero
concelebrante (OGMR 172-173) o da un lettore istituito (OGMR
120; 122). Qualora non vi fosse un diacono, un presbitero concelebrante
o un lettore istituito, ricordiamo la possibilità di collocare
l’Evangeliario sopra l’altare dall’inizio della celebrazione eucaristica
(OGMR 117).
Salmo responsoriale
È raccomandato il canto del Salmo responsoriale perché favorisce
la meditazione della parola di Dio. «Il canto del salmo o
anche del solo ritornello è un mezzo assai efficace per approfondire
il senso spirituale del salmo stesso e favorirne la meditazione
» (OLM 21).
Proclamazione del Vangelo
Al momento della proclamazione del Vangelo il sacerdote benedice
il diacono come di consueto, se è presente, che prenderà
l’Evangeliario per la proclamazione del Vangelo, oppure lui
stesso prende l’Evangeliario dall’altare per recarsi all’ambone per
la proclamazione del Vangelo (OGMR 131-134; 175). Si ricorda
la possibilità del canto della pericope evangelica (melodie nel
Messale Romano, pp. 1124-1127).
Intronizzazione dell’Evangeliario
Se lo si ritiene opportuno, terminata la proclamazione del Vangelo,
si prolunga il canto dell’alleluia o un altro canto di acclamazione
adatto (Messale Romano, p. 321). Il sacerdote (o il diacono)
prende l’Evangeliario durante il canto e lo colloca aperto su un
leggio idoneo appositamente preparato in presbiterio (Cerimoniale
dei Vescovi, 1172), ponendo al suo fianco anche i ceri, se
sono stati usati in processione e nella proclamazione del Vangelo.
Lectio divina
In prossimità o nei giorni successivi alla Domenica della Parola
di Dio è conveniente che la comunità si riunisca per la lectio
divina. «La Parola di Dio ci è data proprio per costruire comunione,
per unirci nella Verità nel nostro cammino verso Dio. È
una Parola che si rivolge a ciascuno personalmente, ma è anche
una Parola che costruisce comunità, che costruisce la Chiesa»
(Verbum Domini 86). Come diceva sant’Ambrogio, quando prendiamo
in mano con fede le sacre Scritture e le leggiamo con la
Chiesa, l’uomo torna a passeggiare con Dio nel paradiso (cfr Epistula
49, 3).
Liturgia delle Ore
La Domenica della Parola di Dio è anche un’occasione propizia
per approfondire il nesso tra la Sacra Scrittura e la Liturgia
delle Ore, la preghiera dei Salmi e Cantici dell’Ufficio, le letture
bibliche, promovendo la celebrazione comunitaria di Lodi e Vespri.
Linee guida alla lettura del Vangelo (Mt 4,12-23)
III Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
1. Tematica liturgica
La Liturgia – dopo aver celebrato il mistero dell’Attesa e
dell’Incarnazione – presenta l’identità messianica (II domenica
TO) e gli esordi del ministero pubblico di Gesù (III domenica
TO). Isaia aveva profetizzato che il Messia sarebbe comparso in
Galilea (prima lettura: Is 8,23-9,2): «Il popolo immerso nelle tenebre
ha visto una grande luce». Questa luce è la persona di Gesù
che «nel territorio di Zàbulon e di Nèftali» inizia il suo apostolato
pubblico. Il tema articolato, pertanto, è Gesù-Luce.
Che Gesù sia la luce, lo afferma con chiarezza il prologo del
Vangelo di Giovanni: «In lui (nel Verbo) era la vita e la vita era la
luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non
l’hanno accolta… Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina
ogni uomo». (Gv 1,4-5.9). Lo afferma anche Gesù stesso:
«Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle
tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,11).
Il sommario finale del brano evangelico presenta Gesù che
percorre (περιάγω) la Galilea, insegna (διδάσκω), annuncia
(κηρύσσω) e guarisce (θεραπεύω). Si tratta di verbi riassuntivi
dell’azione del Verbo fatto carne (perciò della Parola di Dio
stessa) che esprimono la presenza del Regno (cfr il primo sommario:
«il regno dei cieli è vicino»). Come Gesù, la sua Parola
ancora oggi percorre le vie degli uomini, lascia un segno nei cuori
di coloro che l’ascoltano (in-segna), annuncia la prossimità del
Regno dei cieli e “guarisce” chi si lascia cambiare da essa (questa
“terapia” è propriamente l’uscita dalle tenebre). La comunità cristiana
ritorna ininterrottamente su queste azioni per poter continuare
quanto Gesù ha fatto.
Questa missione del Maestro non finisce con il Maestro. Gesù,
infatti, si è premurato immediatamente di chiamare dei discepoli.
Il loro compito è riassunto in una frase pittoresca: «Venite dietro
a me, vi farò pescatori di uomini». Il loro compito sarà raccogliere
l’umanità – come il pescatore raccoglie i pesci – attorno a questo
insegnamento, questo annuncio e questa cura per gli altri. Con
una differenza: mentre il pescatore raccoglie per la morte, il discepolo
raccoglie per la vita, per portare a chi abita nelle tenebre
la luce di Cristo, il Regno dei cieli.
2. Dimensione letteraria
Letterariamente il testo di Matteo dovrebbe essere più ampio
(Mt 4,12-25). Il testo che la Liturgia tralascia (vv. 24-25) amplifica
quanto detto dal v. 23 e sposta l’attenzione dell’ascoltatore sulla
enorme quantità di gente che seguiva il Maestro. La Liturgia, invece,
vuole concentrare l’attenzione sulla persona del Maestro e
sui primi discepoli. Il testo biblico-liturgico che ne risulta (Mt
4,12-23) non è stato ritoccato. È incluso dal binomio «Gesù-Galilea
» (Mt 4,12 : «Gesù…si ritirò nella Galilea»; Mt 4,23: «Gesù
percorreva tutta la Galilea») ed è costituito da un sommario iniziale
di adempimento (vv. 12-16), da un sommario di predicazione
(v. 17), da un episodio di duplice vocazione (vv. 17-22) e
da un sommario di predicazione e guarigione (v. 23).
3. Riflessione biblico-liturgica
a. Le origini del cristianesimo si collocano in una terra detta
«via del mare» (Is 8,23b-9,3), importante arteria comunicativa
dell’antichità che portava al Mediterraneo. Gesù comincia la sua
attività pubblica su una strada piena di gente, crocevia di popoli,
di culture, di commerci, dove tutti passano con le loro frette, le
loro ansie, le loro fedi, i propri obiettivi… su questa via, nei nostri
commerci, una parola può venire ad incontrarci, il Signore può
chiamarci a cooperare all’annuncio del suo Vangelo: il Regno dei
cieli si fa vicino!
b. La conversione non si esaurisce, dunque, in una decisione
di passare dal male al bene, ma è prima di tutto una scelta di
campo. Il bene, secondo Dio, è la persona di Gesù. Solo la persona-
parola di Gesù permette la conversione e abilita ad accogliere
il Regno offerto da Dio agli uomini nella stessa persona di
Gesù.
c. Il primo obiettivo della chiamata non è la missione («vi farò
pescatori di uomini»), ma la sequela («venite dietro a me»). Solo
nella sequela il discepolo può diventare il continuatore dell’opera
salvifica del Messia; solo dall’ascolto nasce l’annuncio; solo dalla
frequentazione di Gesù sgorga il cambiamento di prospettive: da
piccoli pescatori timorosi del mare a pescatori di uomini, annunciatori
del Vangelo fino ai confini della terra.
Consegna dei Vangeli ai catecumeni
In questa Domenica della Parola di Dio si potrebbe consegnare
il testo dei vangeli ai catecumeni che si preparano a ricevere
i sacramenti nella solenne Veglia pasquale.
Questo gesto renderebbe attuale, seppur simbolicamente, l’annuncio
del Vangelo da parte di Gesù che ha come destinatari –
nella pericope evangelica dell’anno A – il popolo della Galilea e,
in particolare, i primi discepoli.
Il Rito dell’Iniziazione cristiana degli adulti, al n. 93, pag. 66,
suggerisce di compiere questo gesto dopo l’omelia, usando una
formula conveniente, ad esempio: «Ricevi il Vangelo di Gesù Cristo
Figlio di Dio».
Nulla vieta, in assenza di catecumeni, che questo gesto abbia
come destinatari altre persone, come catechisti, cresimandi, ecc…
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