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Taranto, 21 febbraio 2015
S.E. Rev.ma Mons Filippo SANTORO
Carissimi siate i benvenuti in questo luogo di formazione che ci ospita quest’oggi.
Preparandoci al 5° Convegno Ecclesiale Nazionale che si terrà in autunno a Firenze vi accogliamo qui a Taranto per questa tappa regionale che ci vedrà impegnati a riflettere insieme su come sia possibile educare al lavoro e alla salvaguardia del Creato proprio nell’ottica della creazione di un “Nuovo Umanesimo” che ha come fondamento e punto di riferimento la persona di Gesù Cristo.
Vorrei soffermare la vostra attenzione sullo scopo del nostro stare insieme quest’oggi. Molti dei presenti arrivano qui dopo aver fatto molti chilometri. Ed è questo il primo aspetto da valorizzare: le distanze si accorciano quando c’è la volontà di andare incontro ad una meta. La volontà muove il corpo, la mente, l’animo degli uomini che vogliono perseguire un obiettivo, in questo caso quello di aprirci sempre di più a questa prospettiva di impegno ecclesiale che è la custodia del Creato che Dio Padre mette a nostra disposizione come ricordiamo tutte le domeniche quando, non per mera abitudine ma per profonda convinzione, ripetiamo le parole del “Simbolo niceno-costantinopolitano”. Noi oggi in questo nostro stare insieme guardiamo con determinazione al lavoro che siamo chiamati a compiere e cioè quello di coltivare e custodire il creato facendo nascere in noi e negli altri la consapevolezza che deve crescere la sensibilità e l’interesse verso questi temi così importanti.
Oggi qui a Taranto non ci concentreremo su problematiche locali come l’ultimo decreto “Salva Taranto”, ma avremo come orizzonte tutta la nostra regione pugliese. In più circostanze ho avuto modo anche molto di recente di esprimermi sulle varie vertenze mantenendo ferma la convinzione che il lavoro e il rispetto della salute e dell’ambiente non possano essere in alternativa tra loro. L’esperienza dell’occasione di dialogo che abbiamo voluto costruire proprio in questa stessa sede nel novembre del 2013 tra il mondo delle istituzioni, quello della scienza e quello della società civile, compresa una qualificata rappresentanza delle associazioni ambientaliste, ci ha convinti del fatto che la Chiesa può giocare un ruolo importante costruendo ponti anche tra esponenti dei vari mondi che pure sembrano essere in aperta contraddizione tra loro. Gesù ha sempre mostrato massima apertura ed accoglienza nei confronti di tutti per cui l’invito del Santo Padre Papa Francesco ad “uscire” dai recinti rassicuranti delle nostre sacrestie e delle nostre aule liturgiche per “andare incontro al mondo” con le sue gioie e i suoi dolori ci incoraggia ad occuparci di questi problemi così delicati senza avere la pretesa di offrire risposte tecniche per quanto, anche tra noi ci siano credenti che sono certamente ispirati dall’insegnamento di Cristo e della Chiesa e che sarebbero in grado nel loro lavoro di custodire al meglio il dono del creato proponendo un percorso di sostenibilità che potrebbe riuscire ad essere sintesi tra visioni contrapposte.
I due relatori presenteranno entrambi dal proprio punto di vista lo scenario nel quale la nostra bella regione è inserita e non potranno non evidenziare le sue problematicità. Non solo Taranto con la questione dell’ILVA vive il dramma delle ferite inferte da uno sviluppo molto poco eco-compatibile e di un piano industriale che deve essere profondamente ripensato avendo come criterio il bene delle persone e la custodia del creato. E tutto questo non accade quando osserviamo le discariche abusive recentemente scoperte nella capitanata e nel leccese, la produzione di energia non proprio pulita da cui è afflitto il territorio brindisino, la paventata realizzazione della TAP in una zona splendida del Salento, le trivellazioni al largo dell’Adriatico e dello Jonio che coinvolgerebbero tutte e sei le province del nostro territorio regionale e per ultima la questione legata allo stoccaggio del greggio proveniente dalla località Tempa Rossa nella vicina Basilicata.
Può il cristiano non vedere ciò che accade attorno a se? Può un pastore che è quotidianamente investito da richieste di aiuto, preghiera, conforto provenienti da chi è senza lavoro, da chi è senza stipendio da mesi (penso tra gli altri ai lavoratori dell’indotto ILVA), da chi si è ammalato o da chi è chiamato ad assistere un caro che sta combattendo contro il cancro, restare indifferente? E’ sufficiente per me, per voi, offrire conforto ad una mamma che piange la scomparsa prematura del proprio bambino? O insieme a questa vicinanza è possibile ancora altro?
A queste domande proveremo a dare una risposta quest’oggi in un tempo particolare nel quale ad est del nostro paese, sempre nel nostro continente, in Ucraina, si vive una guerra ai più apparsa incomprensibile, e da sud arrivano minacce incredibilmente poste in essere in nome di Dio che non ci lasciano tranquilli…E come possiamo stare tranquilli con ciò che accade in Siria, in Iraq, in Africa? Como non piangere con i nostri 21 fratelli cristiani copti egiziani decapitati in Libia perché cristiani e che sono morti invocando il nome di Cristo?
Con Cristo il cristiano è l’uomo della speranza, l’uomo che non si fa vincere dallo sconforto e che sa di non confidare solo sulle sue forze. Il cristiano sa di poter contare sull’aiuto di Dio e sa di poter mettere a disposizione della soluzione dei problemi o la prevenzione degli stessi innanzitutto il suo cuore e poi la sua scienza e la tecnologia che ne deriva. Lo stupore di fronte alla bellezza di Cristo ci mette in movimento e ci apre il cuore alla carità e alla solidarietà verso i fratelli. Questo è il nuovo umanesimo.
Ci preme agli inizi di questi lavori riprendere un giudizio dalla Evangelii Gaudium di papa Francesco quando afferma: “Così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide. … Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “scarti”.(53). In varie altre occasioni il Papa dirà che si tratta di una scelta mondiale, di un sistema economico che ha al centro un idolo, che si chiama denaro. Punto di riferimento fondamentale dell’economia invece è la persona, il lavoro umano ed il bene comune.
Poiché questo non accade il Papa nei suoi messaggi denuncia la globalizzazione dell’indifferenza. Immagine efficace che sembra irridere la potenza degli attuali mezzi, da quelli di comunicazione alle fabbriche della ricchezza, che nella loro grandezza in realtà perdono di vista l’uomo, che pretendono di raccontarlo o di farlo progredire. L’indifferenza è fratricida. Il Papa ci chiede se siamo quel corpo di Cristo, la Chiesa quindi, che «conosce e si prende cura dei suoi membri più deboli, poveri e piccoli? O ci rifugiamo in un amore universale che si impegna lontano nel mondo, ma dimentica il Lazzaro seduto davanti alla propria porta chiusa? (cfr Lc 16,19-31)».
Allora, cari amici col Santo Padre noi desideriamo promuovere la globalizzazione della solidarietà e della speranza! Se è vero come è vero che nelle vene del Corpo-Chiesa scorre il sangue del nostro Signore, che nell’Eucarestia Egli ci nutre e nutrendoci ci assimila mirabilmente a sé, guardiamo con fiducia all’avvenire, ma non attendiamolo con le braccia conserte, costruiamolo. Lasciamo che la sostanza del nostro vivere ecclesiale diventi carità e sia perennemente trasformata dallo Spirito di Cristo.
Con questa convinzione vi auguro di vivere una giornata intensa e proficua che possa davvero arricchirci e dare un contributo sostanziale al Convegno di Firenze.