“I momenti solenni sono importanti, ma poi è l’impegno quotidiano, è la testimonianza concreta che costruisce un mondo migliore per tutti”. Così si è espresso il Papa durante l’udienza in Piazza San Pietro, incentrando la sua meditazione sul suo recente viaggio in Kazakhstan in occasione del settimo Congresso dei Leaders delle religioni mondiali e tradizionali.
Papa Francesco ha condannato ancora una volta la “pazzia” della guerra che porta alcuni a “pensare alle
armi nucleari”
“Questa iniziativa – ha spiegato Francesco – è portata avanti da vent’anni dalle Autorità del Paese, che si presenta al mondo come luogo di incontro e di dialogo, in questo caso a livello religioso, e quindi come protagonista nella promozione della pace e della fratellanza umana”. Nel ripercorrere le diverse tappe del viaggio il Pontefice ha sottolineato l’importanza di “mettere le religioni al centro dell’impegno per la costruzione di un mondo in cui ci si ascolta e ci si rispetta nella diversità”. “E questo – ha aggiunto a braccio – non è relativismo, no. È rispettarsi”. “Di questo – ha proseguito – va dato atto al Governo kazako, che, dopo essersi liberato dal giogo del regime ateistico, ora propone una strada di civiltà che tenga insieme politica e religione, senza confonderle né separarle, condannando nettamente fondamentalismi ed estremismi”.
Francesco ha quindi ricordato la Dichiarazione finale discussa e approvata dal Congresso, “che si pone in continuità con quella firmata ad Abu Dhabi nel febbraio 2019 sulla fratellanza umana. Mi piace interpretare questo passo avanti – ha rimarcato – come frutto di un cammino che parte da lontano: penso naturalmente allo storico Incontro interreligioso per la pace convocato da San Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986; penso allo sguardo lungimirante di San Giovanni XXIII e San Paolo VI; e anche a quello di grandi anime di altre religioni – mi limito a ricordare il Mahatma Gandhi. Ma come non fare memoria di tanti martiri, uomini e donne di ogni età, lingua e nazione, che hanno pagato con la vita la fedeltà al Dio della pace e della fraternità?”, ha concluso.
“Il Kazakhstan ha fatto scelte molto positive, come quella di dire ‘no alle armi nucleari e quella di buone politiche energetiche e ambientali. In questo è stato coraggioso. In un momento in cui questa tragica guerra ci porta a che alcuni pensino alle armi nucleari, quella pazzia!, questo Paese ha detto ‘no’ alle armi nucleari”. Così papa Francesco ha riflettuto rispetto al suo recente viaggio nel Paese asiatico.
“Oltre al Congresso – ha proseguito -, questo viaggio mi ha dato modo di incontrare le Autorità del Kazakhstan e la Chiesa che vive in quella terra. Di qui il richiamo all’incontro con il presidente della Repubblica e il discorso rivolto ai governanti, ai rappresentanti della società civile e al corpo diplomatico. “Ho messo in risalto la vocazione del Kazakhstan ad essere Paese dell’incontro – ha ricordato il Pontefice -: in esso, infatti, convivono circa centocinquanta gruppi etnici e si parlano più di ottanta lingue. Questa vocazione, che è dovuta alle sue caratteristiche geografiche e alla sua storia, è stata accolta e abbracciata come un cammino, che merita di essere incoraggiato e sostenuto. Come pure ho auspicato che possa proseguire la costruzione di una democrazia sempre più matura, in grado di rispondere effettivamente alle esigenze dell’intera società”.
“In un mondo nel quale progresso e regresso si intrecciano, la Croce di Cristo rimane l’ancora di salvezza” è stato un altro dei passaggi proposti dal Papa nella parte conclusiva della catechesi odierna. Ricordando il suo incontro con la Chiesa locale, Francesco ha parlato di “una comunità di persone contente, gioiose, con entusiasmo. I cattolici sono pochi in quel Paese così vasto. Ma questa condizione, se vissuta con fede, può portare frutti evangelici”. Inoltre la scarsità numerica “invita a sviluppare le relazioni con i cristiani di altre confessioni, e anche la fraternità con tutti. Dunque – ha osservato il Papa -piccolo gregge, sì, ma aperto, non chiuso, non difensivo, aperto e fiducioso nell’azione dello Spirito Santo”. “Abbiamo ricordato – ha proseguito – quella parte grigia dei martiri di quel Popolo santo di Dio, uomini e donne che hanno sofferto tanto per la fede” nel lungo periodo della persecuzione, “assassinati, torturati, carcerati per la fede”, ha aggiunto a braccio.
“Con questo gregge piccolo ma gioioso abbiamo celebrato l’Eucaristia, sempre a Nur Sultan, nel piazzale di Expo 2017, circondato da architetture ultra-moderne. Era la festa della Santa Croce. E questo – ha sottolineato il Pontefice – ci fa riflettere: in un mondo nel quale progresso e regresso si intrecciano, la Croce di Cristo rimane l’ancora di salvezza: segno della speranza che non delude perché fondata sull’amore di Dio, misericordioso e fedele. A Lui va il nostro ringraziamento per questo viaggio, e la preghiera affinché esso sia ricco di frutti per il futuro del Kazakhstan e per la vita della Chiesa pellegrina in quella terra”.