Nel mese di novembre, in cui la Chiesa ricorda tradizionalmente i fedeli defunti, il Papa invita a pregare insieme a lui per tutti coloro che hanno perso un figlio. Padri e madri che hanno sperimentato un dolore “particolarmente intenso” e al di fuori di ogni logica umana, perché – come Francesco ricorda nel videomessaggio che accompagna la sua intenzione di preghiera – “vivere più a lungo del proprio figlio non è naturale”.

Un dolore che lascia senza parole

Siamo così impreparati a sopravvivere alla morte di un figlio, osserva Francesco nel Video del Papa di questo mese, che nemmeno il nostro dizionario ha una parola adatta per descrivere questa condizione di vita. “Pensateci: quando un coniuge perde l’altro, è un vedovo o una vedova. Un figlio che perde un genitore è un orfano o un’orfana. Esiste una parola per dirlo. Ma per un genitore che perde un figlio, una parola non c’è. È un dolore così grande che non esiste nemmeno una parola”.

Non esiste una parola, ricorda il Papa, anche perché di fronte alla perdita di un figlio o di una figlia le parole “non servono”. Nemmeno quelle “di conforto”, che “a volte sono banali e sentimentali”, e che, “anche se vengono dette naturalmente con le migliori intenzioni, possono finire per amplificare la ferita”. La risposta è dunque un’altra: più che parlare a questi genitori, “bisogna ascoltarli, stare vicino a loro con amore, prendendosi cura del loro dolore con responsabilità, imitando il modo in cui Gesù Cristo consolava coloro che erano afflitti”.

Rinascere dal dolore

Francesco ricorda che alcune famiglie, “dopo aver subito una tragedia così terribile, sono rinate nella speranza”: la chiave è stata il sostegno della fede, la presenza di quello “spirito consolatore” che il Papa invoca nella sua intenzione di preghiera perché porti “la pace nel cuore”. Alcune di loro sono tra i protagonisti del Video del Papa di questo mese, che mette insieme storie di grande dolore e di speranza.

C’è il dolore di Serena, che al Policlinico Gemelli si getta tra le braccia di Papa Francesco per piangere la sua piccola Angelica, appena morta per una malattia genetica. C’è quello di Luca e Paola, genitori di Francesco, travolto da un’automobile a 18 anni, a ottobre 2022: da allora non è passato un giorno senza che tornassero sul luogo dell’incidente, o senza che portassero un fiore sulla sua tomba. C’è quello di Yanet, madre di William, ucciso a 21 anni dalle gang per il suo impegno contro la violenza.

Ma non mancano, appunto, immagini di speranza. Come quelle del gruppo Naìn, nato all’interno della comunità di Romena, in cui una volta al mese si incontrano famiglie che hanno perso un figlio. Naìn prende il nome del luogo poco distante da Nazareth dove Gesù incontra una vedova a cui è morto l’unico figlio, e senza parole tocca la bara del bambino morto: il segno che i gesti, di fronte a un dolore così grande, contano molto più delle parole.

Portare il proprio dolore a Gesù

Proprio al gruppo Naìn, incontrato a novembre 2023 in Aula Paolo VI, Papa Francesco aveva ricordato che “essere cristiani significa prendersi cura di chi è ferito e di chi è nel dolore, per accendere piccole luci laddove sembra essere tutto perduto”. E di fronte alla morte di un figlio (“Un dolore immenso, inconsolabile, che mai deve essere banalizzato da parole vuote e risposte superficiali”) curare le ferite significa innanzitutto “saper piangere insieme” e “portare insieme il grido del proprio dolore a Gesù”.

“La perdita di un figlio è un’esperienza che non accetta descrizioni teoriche e rigetta la banalità di parole religiose o sentimentali, di sterili incoraggiamenti o frasi di circostanza, che mentre vorrebbero consolare finiscono per ferire ancora di più chi, come voi, ogni giorno affronta una dura battaglia interiore” ha poi ribadito Francesco a marzo di quest’anno durante un incontro con i genitori dell’associazione “Talità Kum” di Vicenza.

Per Francesco, un dolore come quello della perdita di un figlio, “così lancinante e privo di spiegazioni, ha bisogno soltanto di restare aggrappato al filo di una preghiera”: un grido rivolto a Dio in ogni momento, che non risolve il dramma, ma è abitato da domande che si ripetono, domande che chiedono di sapere dove fosse Dio in quel momento e che, allo stesso tempo, danno forza per andare avanti e trovare conforto nella preghiera.

Un invito alla preghiera e alla speranza

Padre Cristóbal Fones S.J., Direttore Internazionale ad interim della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, commenta: “Il dolore di perdere un figlio è immenso. Di fronte a questa realtà, più che cercare di dire molte cose, dobbiamo avvicinarci in modo amorevole, gratuito e rispettoso. Sappiamo che Dio non smette mai di consolare e di essere accanto a coloro che soffrono. È necessario accompagnare questa realtà con vicinanza e delicatezza, prestando attenzione a trovare il linguaggio adeguato che ci permetta di rimanere presenti senza tentare di negare quel dolore, sapendo che ci muove e ci anima sempre la speranza nel Dio della vita”. Padre Fones invita a unirsi in preghiera con il Papa perché lo Spirito Santo porti la pace e il conforto che solo Lui può donare ai cuori feriti da questa tragedia.

clic qui per l’articolo sul sito diocesano