Carissimi fratelli e sorelle,
al termine di questa Via Crucis diocesana delle Confraternite, siamo qui in preghiera davanti alla Croce di Cristo, memoria viva del suo amore redentivo e sorgente della nostra speranza.
Siamo immersi in un tempo di grazia particolare, l’Anno Giubilare che ci vuole “Pellegrini di Speranza”.
Un invito forte ad alzare lo sguardo e a riconoscere che la Croce, segno di apparente sconfitta, è in realtà la culla della vittoria di Dio sulla morte e sul peccato.
San Paolo ci ricorda: «Noi predichiamo Cristo crocifisso… potenza di Dio e sapienza di Dio» (1Cor 1,23-24). In ogni stazione della Via Crucis abbiamo contemplato il mistero di un Dio che, assumendo la sofferenza e la morte, ha voluto unirsi pienamente alla nostra condizione umana.
La Croce di Cristo diventa così «la nostra unica speranza» – come proclama la liturgia – poiché manifesta che non esiste notte tanto buia da non poter essere rischiarata dalla luce del Risorto.
È la pedagogia del chicco di grano che, morendo, germoglia e porta frutto abbondante (Gv 12,24).
Papa Francesco ci ha esortati più volte a non avere paura di abbracciare la Croce, tanto da dire: «Abbracciare la croce, significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando la nostra voglia di onnipotenza e di possesso, per fare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare» (Meditazione del 27 marzo 2020).
La Croce, dunque, non è un peso schiacciante, ma un trono di misericordia che ci attira a sé per donarci la vita in pienezza.
La Croce, allora, è il segno più eloquente della misericordia. Infatti, «Dio ricco di misericordia» (Ef 2,4) non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha donato a noi affinché, sperimentando la sua compassione, potessimo ritornare a Lui con cuore contrito e ricolmo di gratitudine.
Proprio dalla Croce scaturisce la fonte inesauribile del perdono e della grazia, che ci rigenera e ci rende capaci di perdonare gli altri.
Papa Francesco, nella bolla Misericordiae Vultus, ha ricordato che la misericordia è «l’architrave che sorregge la vita della Chiesa» (n. 10). E, non possiamo fare a meno di attingere a questa fonte per diventare strumenti di consolazione e di speranza nel mondo.
Carissimi fratelli e sorelle,
quali sodali delle Confraternite,
siete chiamati a vivere e, soprattutto, a testimoniare in modo credibile, nella carità e nella comunione, questo mistero di redenzione, di speranza e di misericordia.
Ai piedi della Croce si riscopre la bellezza della comunione e della condivisione che ci unisce e la forza fede che ci sostiene.
Solo lì possiamo apprendere che il dolore condiviso si trasforma in consolazione, il peccato perdonato in rinascita, e la morte vinta in nuova vita.
Di fronte alla Croce, comprendiamo che siamo custoditi dall’amore di Dio, il solo capace di dare senso alle nostre fatiche e di aprire sempre nuovi orizzonti di speranza.
Affidiamo, quindi, il nostro cammino alla Vergine Maria, la “Stabat Mater dolorosa”, che sotto la Croce è divenuta la Madre di tutti i credenti.
Lei ci accompagni con tenerezza, affinché, con cuore rinnovato, da questa celebrazione della “Via dolorosa”, possiamo portare nel mondo la lieta notizia che Cristo è risorto ed è vivo in mezzo a noi.
Nella Croce è la nostra salvezza, nella misericordia di Dio la nostra vita nuova, nella Pasqua di Cristo la nostra speranza: custodiamola e doniamola a chi ne ha più bisogno. Amen!
+ Sabino Iannuzzi