Carissimi fratelli e sorelle,
con questa liturgia entriamo in uno dei momenti più intensi dell’anno liturgico: il tempo della Quaresima, che inauguriamo con il rito austero dell’imposizione delle ceneri.
In questo Anno Giubilare – che ci chiama a riscoprirci “pellegrini di speranza” – desideriamo dare un senso profondo al nostro pellegrinaggio, mettendoci concretamente dietro la croce di Cristo, che ci apre la strada e ci accompagna verso la salvezza, «tenendo accesa la fiaccola della speranza che ci è stata donata per guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante, come segno di una rinnovata rinascita di cui tutti, costantemente, abbiamo l’urgenza» (cfr. Francesco, Lettera a S. Ecc. Mons. Rino Fisichella per il Giubileo 2025, 11 febbraio 2022).
La Parola di Dio, appena proclamata, dinanzi alla quale «non dobbiamo – mai – indurire il nostro cuore, ma ascoltarla quale voce del Signore» (cfr. Sal 94,8ab), ci illumina in modo particolare sul significato di questo giorno.
Il profeta Gioele ci ha incalzati con un appello accorato e compassionevole: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti» (2,12).
È un invito “forte e tenero” al tempo stesso, perché «il Signore, nostro Dio», non si stanca mai di richiamarci, desiderando sempre il nostro bene e la nostra sincera conversione.
San Paolo, scrivendo alla comunità di Corinto, ci ha ricordato che questo è «il momento favorevole…il giorno della salvezza» (2Cor 6,2).
Ci invita a non rimandare l’incontro con la misericordia di Dio, perché «il Signore, nostro Dio», sta bussando proprio oggi alla porta del nostro cuore: «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza» (2Cor 6,2).
L’evangelista Matteo ci ha consegnato i tre pilastri quaresimali – preghiera, digiuno ed elemosina –, «le ali della pietà» come li definiva S. Agostino. La preghiera, infatti, si innalza davvero quando – grazie al digiuno, che ci fa riscoprire l’essenziale – ci liberiamo dall’egoismo e dal superfluo e – con l’elemosina, segno tangibile di carità che ci fa crescere nella condivisione e nel riconoscimento di Cristo presente in ogni persona – ci apriamo al bisogno dei fratelli.
Dopo queste mie parole, vivremo il rito dell’imposizione delle ceneri, accompagnato da due espressioni (a scelta) che la liturgia prevede:
- «Convertitevi e credete al Vangelo»;
- «Ricordati, uomo, che sei polvere e in polvere ritornerai».
Queste formule, pur diverse nella forma letterale, sono unite nel significato, offrendoci un duplice invito.
Da un lato, ci ricordano la nostra fragilità e la nostra caducità: “siamo polvere”, e la nostra vita terrena, per quanto preziosa, è sempre limitata.
Dall’altro, ci incoraggiano a una vera conversione del cuore: un mutamento di mentalità e di stili di vita che ci apra al Vangelo, via di pienezza.
Ricevere le ceneri sul capo non è, dunque, un gesto triste (o malinconico), ma un atto di speranza e di disponibilità alla grazia di Dio: un gesto con cui accogliere il Signore che si fa compagno di viaggio, fino a scoprire che anche «il deserto può fiorire» (don Primo Mazzolari).
In questo Anno Giubilare di grazia, mentre siamo pellegrini di speranza, siamo chiamati a dare una motivazione particolare al pellegrinaggio quaresimale. Siamo invitati a metterci realmente dietro la croce di Cristo.
Fisicamente lo abbiamo fatto insieme all’inizio del Giubileo, nel pellegrinaggio da San Michele fino a qui, ed ora questa croce troneggia dinanzi a nostri occhi.
Lo faremo ancora una volta con il “pellegrinaggio straordinario”, proprio in questa Quaresima, dietro al grande e significativo simulacro dell’antico Cristo crocifisso (1492) della nostra Cattedrale, dal 28 al 30 marzo.
Lo faremo tutti i venerdì con il pio esercizio della Via Crucis.
Perché la croce è il segno supremo dell’amore di Dio per l’umanità; è il vessillo che ci indica la via.
Camminare dietro la croce (contemplare la croce), allora, significa:
- riconoscere Cristo come guida della nostra vita. Lui, che ha preso su di sé il peso del nostro peccato, ci precede e ci invita a seguirlo con fiducia;
- portare con coraggio il nostro piccolo legno, costituito dalle fatiche e dalle prove quotidiane, unendolo continuamente unito all’unico sacrificio di Gesù;
- alzare lo sguardo tenendolo fisso verso la Pasqua, perché la Croce, in Cristo, è già trasfigurata dalla luce della Risurrezione.
Questo “pellegrinaggio” non è un percorso individuale da battitori solitari. Dobbiamo riscoprire ed esercitare l’esigenza di “camminare insieme” come Chiesa, come Comunità, sorretti dallo stesso Signore e accomunati dalla medesima speranza.
Carissimi, il tempo della Quaresima è un’occasione privilegiata per ravvivare la nostra fede e la nostra speranza.
Il Signore ci attende in ogni passo del nostro cammino. Come pellegrini radunati dietro la croce di Cristo, alziamo lo sguardo e guardiamo già alla Pasqua, certezza in cui la vita trionfa sulla morte e l’amore vince sul peccato.
Rinnoviamo, ancora una volta, il nostro impegno di conversione e di fiducia nel Vangelo.
Accogliamo il dono delle ceneri con umiltà, pronti a far fiorire i talenti che Dio ci ha affidato. E, con il cuore colmo di speranza, inoltriamoci in questi quaranta giorni di grazia, perché all’aurora pasquale possiamo cantare, con Cristo risorto, la vittoria della vita.
Amen!
+ Sabino Iannuzzi