Carissimi fratelli e sorelle,
a tutti voi va il mio sincero ringraziamento per la vicinanza e la partecipazione a questa celebrazione eucaristica, con cui affidiamo a Dio, nella fede e nella preghiera, la vita del nostro fratello sacerdote Mons. Cosimo Damiano Fonseca.
In questo momento particolare, la nostra presenza esprime vicinanza nel cordoglio alla sua famiglia d’origine, che egli ha tanto amato e con cui ha condiviso i suoi giorni terreni: alle sorelle Comasia, Maria e Rosaria, ai suoi congiunti diretti e ai diversi nipoti.
Desidero ringraziare in modo particolare Mons. Giuseppe Favale, Vescovo di Conversano-Monopoli e Mons. Angelo Massafra, Arcivescovo emerito di Scutari, qui presenti, così come Mons. Giuseppe Satriano, Arcivescovo di Bari-Bitonto e Presidente della Conferenza Episcopale Pugliese, e i già Vescovi di Castellaneta, Mons. Pietro Maria Fragnelli e Mons. Claudio Maniago, che, sebbene impossibilitati a essere presenti, mi hanno fatto giungere il loro messaggio di cordoglio.
Ringrazio, inoltre, l’intero presbiterio diocesano, a partire dal Vicario generale e dal Vicario foraneo di Massafra, Parroco di questa comunità, il Commissario Prefettizio di Massafra, i Sindaci dei 13 Comuni da cui aveva ricevuto la cittadinanza onoraria, le diverse autorità civili e militari qui convenute, e le autorità accademiche degli Atenei in cui il nostro caro Mons. Cosimo ha operato con tanta passione.
In queste ore molte sono state le voci autorevoli che hanno tratteggiato il profilo culturale di Mons. Fonseca, come studioso e, in particolare, come storico medievalista, discepolo di Cinzio Violante, e Accademico dei Lincei. Ma in quest’assemblea liturgica, in questo luogo a lui così caro, desidero che a condurci sia la Parola di Dio, l’unica capace di offrire bagliori di speranza.
«Le anime dei giusti – ricordava il libro della Sapienza – sono nelle mani di Dio… essi sono nella pace». Non è un’astrazione dal tempo, ma la certezza che la vita di chi ha servito Dio con cuore sincero, non solo nella quiete degli studi ma anche in servizi ardui e a volte complessi, non va perduta, bensì trova pienezza nel Signore.
Il Salmista, infatti, ci ha fatto proclamare con fiducia: «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla». È una preghiera tanto antica quanto attuale, perché riassume l’itinerario di chi crede che il “Pastore buono” cammina con noi anche “nelle valli oscure”, illuminando con la sua presenza ogni nostra ricerca e ogni nostro traguardo.
Nel Vangelo, poi, Gesù ci invita a non “lasciare che il nostro cuore si turbi”, perché la Sua presenza è «via, verità e vita».
Infatti, Sant’Agostino commentava: «Chi ascolta la parola di Cristo, e ci crede, passa dalla morte alla vita. Vuoi camminare? Cristo è la via. Non vuoi sbagliare? Cristo è la verità. Non vuoi morire? Cristo è la vita. Lui solo è la meta, lui solo è la via. La sua voce ci ha destati dalla morte, e credendo in lui camminiamo verso la pienezza della vita» (Omelia XXII). È un annuncio di speranza, che rinnova la certezza che, oltre la soglia della morte, Egli – il Signore – ci attende e ci prepara un posto nella casa del Padre suo, «perché dove sono io siate anche voi».
In queste parole, la Chiesa annuncia un orizzonte di speranza che ci permette di vivere l’ora del distacco non come una sconfitta o la fine di tutto, ma come la Pasqua, cioè come un “passaggio” che introduce ad una realtà più grande, piena e definitiva. Non un «correre verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma l’essere orientati all’incontro con il Signore della gloria… per vivere per sempre con Lui. Motivo per il quale i primi cristiani erano soliti ripetere spesso la commossa invocazione con la quale termina la Sacra Scrittura: “Vieni, Signore Gesù” (Ap 22,20)» (Spes non confundit, 19).
Oggi, con questa certezza, consegniamo alla misericordia di Dio questo nostro fratello, che di tale speranza è stato testimone credibile, unendo in modo ammirevole la passione per la fede al rigore della ricerca storica, la dedizione pastorale all’impegno formativo e alla divulgazione del sapere.
Nato a Massafra nel 1932, Mons. Fonseca è rimasto sempre profondamente legato alle sue radici, orgoglioso di far conoscere il patrimonio culturale del nostro territorio – come le gravine e le chiese rupestri – e di promuoverlo nelle sedi accademiche più prestigiose, perché era convinto ed affermava che, in ogni traccia del passato, si scorge un riflesso della storia di Dio con l’uomo.
Non ha mai esitato nel ricordare che lo studio non è fine a sé stesso, ma un modo per comprendere la vita e il mondo, avvicinando così l’uomo alla verità che risplende in Cristo.
Per lui, essere prete – e lo scorso 19 settembre avevamo ringraziato insieme il Signore per i suoi 70 anni di sacerdozio – ha significato servire Dio e le persone anche e soprattutto attraverso la cultura, perché la scienza non toglie la luce alla fede ma la illumina di nuove domande e la arricchisce di conoscenze che elevano la mente e il cuore verso il mistero divino.
Del resto, la storia medievale, di cui era appassionato studioso, non è soltanto il susseguirsi di eventi e date, ma una finestra sull’animo umano, sulle radici di comunità e popoli che, nel corso dei secoli, hanno cercato di interpretare la propria vicenda alla luce del Vangelo.
Mons. Fonseca, tutti lo sappiamo, ha ricoperto ruoli di altissimo prestigio: fu fondatore e primo Rettore dell’Università degli Studi della Basilicata, docente in alcune università del Nord Italia, tra le quali la Cattolica di Milano, Accademico dei Lincei, Protonotario Apostolico e Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Ha tuttavia conservato l’umiltà di chi sa che, in ultima analisi, tutto converge in quella Verità incarnata che è Gesù Cristo, fonte di ogni sapere e di ogni salvezza.
Le sue competenze storiche, unite a una profonda passione per il patrimonio artistico e archeologico, lo spingevano a intrecciare rapporti umani e culturali con studiosi ed accademici di ogni provenienza, poiché vedeva nella ricerca uno strumento di dialogo e di crescita per l’intera società.
Tuttavia, non si sottraeva neppure al dialogo con la gente semplice, parlando con entusiasmo di chiese rupestri e di gravine, spiegando come fossero segni tangibili di una storia di fede radicata nel nostro territorio. In ciò trasmetteva l’idea che nulla è marginale e che ogni testimonianza del passato può educarci al presente e orientarci verso il futuro.
Questa liturgia esequiale ci ricorda, allora, che la morte non interrompe la comunione che abbiamo in Cristo: per questo celebriamo l’Eucaristia, rendendo grazie al Signore per i doni concessi a Mons. Fonseca e per tutto il bene che, attraverso di lui, è stato seminato.
Le parole di Gesù ai suoi discepoli – oggi rivolte a ciascuno di noi – «Non sia turbato il vostro cuore», ci incoraggiano a guardare oltre il presente e a riconoscere che l’amore di Dio abbraccia il tempo e l’eternità, accogliendoci come figli nella casa del Padre. Di fronte al silenzio della tomba, sentiamo risuonare la parola del Risorto, che ci ripete: «Io sono la via, la verità e la vita». Con questa parola, Cristo ha guidato l’esistenza di Mons. Fonseca e, con la stessa parola, oggi intende sostenere anche noi.
Nella prospettiva della risurrezione, possiamo davvero affermare che non diciamo un addio definitivo, ma un “arrivederci” pieno di speranza. Mons. Fonseca continuerà a vivere nell’eredità di cultura, di fede e di impegno sociale che ci ha lasciato. Molti di noi conservano ancora vivo il ricordo della sua flebile voce, della sua passione per i dettagli storici, della sua volontà di far crescere il territorio attraverso la valorizzazione della sua storia e la formazione delle nuove generazioni. Ora egli vede con chiarezza ciò che, sulla terra, ha cercato con tanta passione: il volto di Dio, che la storia umana riflette in modo frammentario, ma che nella vita eterna si rivela quale “bellezza in pienezza”.
Gesù, Buon Pastore, accolga ora questo nostro fratello nella dimora che ha preparato per coloro che lo amano.
Alla sua intercessione affidiamo i nostri propositi di bene e, con commossa gratitudine, diciamo: Signore, concedi a Mons. Fonseca il riposo eterno e a noi la forza di continuare a camminare con fede viva e lo sguardo aperto sull’infinito orizzonte del tuo amore.
Sono certo che, ieri mattina, nell’ora del passaggio, la nostra Madonna della Scala, tanto cara a Mons. Fonseca, gli abbia offerto la sua “scala”: «attraverso la quale Dio scende per incontrare l’uomo e l’uomo sale per incontrare Dio e contemplare il suo volto nel volto di Cristo» (Francesco, Vultum Dei quaerere, 37), così da accompagnarlo, come Madre amorevole, all’incontro con il suo Figlio perché possa «abitare in quella dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli» (1Cor 5,1) e raggiungere «al termine della corsa verso la mèta, il premio che Dio ci chiama a ricevere in Cristo Gesù» (Fil 3,13).
Amen!
+ Sabino Iannuzzi