«Non lasciamoci rubare la speranza!»
Papa Francesco
Conversione alla Speranza
Il documento finale del sinodo universale Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione si apre con un riferimento al mattino di Pasqua durante il quale Maria di Magdala, Pietro e Giovanni, in una reciproca dipendenza, ma ognuno a modo suo, cercano il Risorto (n. 13-14): Giovanni con la forza e l’intuizione della giovinezza, Pietro, il più anziano, con la responsabilità di guida ricevuta dal Signore, Maria con il suo essere “capace di restare” nell’attesa che qualcosa accada (sarà proprio lei a ricevere il compito dal Signore di annunciare la risurrezione ai discepoli). «La loro dipendenza reciproca – dicono i padri sinodali – incarna il cuore della sinodalità». Tale dipendenza sta al cuore dell’essere ecclesiale: «I Vangeli ci raccontano che per entrare nella fede pasquale e divenirne testimoni è necessario riconoscere il proprio vuoto interiore, il buio della paura, del dubbio, del peccato. Ma coloro che nell’oscurità hanno il coraggio di uscire e mettersi in ricerca, scoprono in realtà di essere cercati, chiamati per nome, perdonati e inviati insieme ai fratelli e alle sorelle» (n. 14).
La fede ha bisogno di un gruppo di amici, di una comunità, della Chiesa! Sono giorni di apprensione per la salute di Papa Francesco, voce profetica di questo tempo. Nel suo messaggio per la Quaresima egli invita tutti noi ad uscire dalle nostre zone di comodità e a camminare insieme nella speranza: «Dio ci chiede di verificare se nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nei luoghi in cui lavoriamo, nelle comunità parrocchiali o religiose, siamo capaci di camminare con gli altri, di ascoltare, di vincere la tentazione di arroccarci nella nostra autoreferenzialità e di badare soltanto ai nostri bisogni. Chiediamoci davanti al Signore se siamo in grado di lavorare insieme come vescovi, presbiteri, consacrati e laici, al servizio del Regno di Dio; se abbiamo un atteggiamento di accoglienza, con gesti concreti, verso coloro che si avvicinano a noi e a quanti sono lontani; se facciamo sentire le persone parte della comunità o se le teniamo ai margini» (Messaggio di papa francesco per la Quaresima 2025, Camminare insieme nella Speranza).
Il Ciclo quaresimale dell’anno liturgico C rappresenta il tema della conversione. Il declinare tale tema con quello della speranza potrebbe rappresentare un’opportunità per le nostre comunità: Conversione alla speranza. La speranza è il leitmotiv di questo pontificato accompagnato dal volto sorridente di papa Francesco che, già a partire dal suo documento programmatico Evangelii gaudium, ha ribadito infinite volte: «Non lasciamoci rubare la speranza!» (EG 86). In quel contesto il rapporto con Cristo viene indicato come generativo di relazioni nuove (Cf. EG 121): «sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la mistica di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio» (EG 87). Sarebbe significativo in questi giorni riprendere tra le mani l’esortazione apostolica Evangelii gaudium per approfondire come in essa il papa declina l’invito alla conversione: «una conversione che restituisca la gioia della fede» (EG14), una «conversione pastorale e missionaria» (EG 25), una «conversione ecclesiale, come apertura a una permanente riforma di sé per fedeltà a Gesù Cristo» (EG 26), una «conversione all’adorazione» (EG 155), una «conversione all’ordine sociale ed al conseguimento del bene comune» (EG 182).
Nella I Domenica di Quaresima (Lc 4, 1-13) appare, davanti ai nostri occhi, la narrazione delle tentazioni di Gesù, da leggersi, in funzione della prima lettura, come la conversione del popolo che attraverso Mosè grida la sua fiducia nel Dio salvatore: «Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce» (Dt 26, 4-10). Qui potrebbe trovare spazio il tema della conversione all’adorazione del vero Dio, incompatibile con qualsiasi messianismo a buon mercato.
La II Domenica presenta il Cristo trasfigurato (Lc 9, 28-36) e nella seconda lettura, l’apostolo ricorda, a quanti si faranno suoi imitatori, il coinvolgimento in quella stessa trasformazione: «Fratelli, fatevi insieme miei imitatori… La nostra cittadinanza, infatti, è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose» (Fil 3,17-4,1). In questa domenica si potrebbe toccare il tema della conversione al conseguimento del bene di tutta la creazione, a partire dalla realtà sacramentale, per scoprire le radici spirituali dei problemi ambientali (Cf. LS 9): «I Sacramenti sono un modo privilegiato in cui la natura viene assunta da Dio e trasformata… L’acqua, l’olio, il fuoco e i colori … Per l’esperienza cristiana, tutte le creature dell’universo materiale trovano il loro vero senso nel Verbo incarnato, perché il Figlio di Dio ha incorporato nella sua persona parte dell’universo materiale, dove ha introdotto un germe di trasformazione definitiva» (LS 235).
La III Domenica è un invito alla conversione non di facciata ma interiore, per non correre il rischio di quanto accadde ai nostri padri: «furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale… Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio» (1Cor 10,1-6.10-12). Questa potrebbe rappresentare la conversione ecclesiale permanente come riforma alla fedeltà a Gesù (EG, Dal cuore del Vangelo n. 34 e seguenti).
La IV e la V Domenica narrano esempi di conversione: la conversione del figliol prodigo (Lc 15, 1-3. 11-32) e il racconto della donna sorpresa in adulterio (Gv 8, 1-11). La prima icona ben si addice a una conversione che restituisca la gioia della fede (EG 1-13); la seconda richiama una conversione pastorale e missionaria (EG 20-33). Come segno si suggerisce di collocare sul presbiterio un’ancora da far costruire eventualmente ai ragazzi dell’iniziazione cristiana. Per la sua forma caratteristica, nel periodo delle persecuzioni, quando era pericoloso rivelare la propria adesione a Cristo, divenne un simbolo per rappresentare la croce cristiana. L’ancora è anche simbolo della speranza perché questa si getta in mare per dare stabilità alla nave. Nel logo del giubileo si può notare la parte inferiore della Croce prolungarsi e trasformarsi in un’ancora nel mare agitato, a significare che «la Croce non è affatto statica, ma anch’essa dinamica, si curva verso l’umanità come per andarle incontro e non lasciarla sola, ma offrendo la certezza della presenza e la sicurezza della speranza». Non sarebbe fuori luogo, dunque, impiegare tale logo in questo tempo dell’anno liturgico e farne oggetto di riflessione comunitaria (https://www.iubilaeum2025.va/it/giubileo2025/logo.html).
Delegato del Servizio per la pastorale liturgica
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