Anche il Papa ha un sogno per la comunicazione. Il sogno di “una comunicazione che sappia renderci compagni di strada di tanti nostri fratelli e sorelle, per riaccendere in loro la speranza in un tempo così travagliato. Una comunicazione che sia capace di parlare al cuore, di suscitare non reazioni passionali di chiusura e rabbia, ma atteggiamenti di apertura e amicizia; capace di puntare sulla bellezza e sulla speranza anche nelle situazioni apparentemente più disperate; di generare impegno, empatia, interesse per gli altri. Una comunicazione che ci aiuti a riconoscere la dignità di ogni essere umano e a prenderci cura insieme
della nostra casa comune”.
Francesco lo scrive nel Messaggio per la 59.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali sul tema: “Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori”, pubblicato oggi, 24 gennaio, festa di San Francesco di Sales, che quest’anno coincide con la prima delle tre giornate del primo grande evento giubilare: il Giubileo del mondo della comunicazione. Il Pontefice perciò invita gli operatori dei media ad essere “comunicatori di speranza, incominciando – scrive – da un rinnovamento del vostro lavoro e della vostra missione secondo lo spirito del Vangelo”.
Perciò papa Bergoglio chiede innanzitutto di “disarmare la comunicazione”. “Troppo spesso – fa notare – oggi la comunicazione non genera speranza, ma paura e disperazione, pregiudizio e rancore, fanatismo e addirittura odio. Troppe volte essa semplifica la realtà per suscitare reazioni istintive; usa la parola come una lama; si serve persino di informazioni false o deformate ad arte per lanciare messaggi destinati a eccitare gli animi, a provocare, a ferire. Ho già ribadito più volte la necessità di “disarmare” la comunicazione, di purificarla dall’aggressività. Non porta mai buoni frutti ridurre la realtà a slogan. Vediamo tutti come – dai talk show televisivi alle guerre verbali sui social media – rischi di prevalere il paradigma della competizione, della contrapposizione, della volontà di dominio e di possesso, della manipolazione dell’opinione pubblica”.
Questa dinamica porta alla atomizzazione della società, alla incapacità di vivere insieme. “Sembra allora che individuare un “nemico” contro cui scagliarsi verbalmente sia indispensabile per affermare sé stessi. E quando l’altro diventa “nemico”, quando si oscurano il suo volto e la sua dignità per schernirlo e deriderlo, viene meno anche la possibilità di generare speranza. Come ci ha insegnato don Tonino Bello, tutti i conflitti «trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti». Non possiamo arrenderci a questa logica.
La seconda raccomandazione è “dare ragione con mitezza della speranza che è in noi”, ma «con dolcezza e rispetto». La comunicazione dei cristiani, ma anche la comunicazione in generale, scrive il Papa, dovrebbe essere intessuta di mitezza, di prossimità: lo stile dei compagni di strada, seguendo il più grande Comunicatore di tutti i tempi, Gesù di Nazaret, che lungo la strada dialogava con i due discepoli di Emmaus facendo ardere il loro cuore per come interpretava gli avvenimenti alla luce delle Scritture”.