Il loro servizio quotidiano, nelle parrocchie e negli uffici diocesani, tra la gente e nelle case… la presenza dei sacerdoti sembra scontata. In realtà è necessaria e se non ci fosse saremmo tutti molto più poveri. Di Cristo, di relazioni, anche di beni materiali. Continuiamo a dare voce a loro, senza ostentazione, ma raccontando dal di dentro la vita del prete. Questa volta tocca a don Nicolò Tempesta, parroco all’Immacolta di Molfetta e direttore dell’Ufficio catechistico.

Don Nicolò Tempesta (terlizzese, 42 anni) è sacerdote dal 2004 e dal 2013 presta il suo servizio pastorale in qualità di parroco, presso la parrocchia Immacolata, a Molfetta.
Riprendendo le parole di Papa Francesco, secondo cui la vita di un sacerdote è anzitutto la storia di salvezza di un battezzato, don Nico può dichiarare che «a distanza di nove anni, nella mia prima esperienza di parrocchia, posso affermare veramente che sentirsi battezzato e aiutare a far scoprire alla gente il proprio battesimo – cioè l’amore di un Padre che ci precede nelle vicende della vita – è una delle esperienze più belle e avvincenti a cui un prete si sente chiamato.»
Il quartiere dell’Immacolata presenta storicamente una realtà socio-culturale ed economica complessa e difficile, che si è acuita negli ultimi vent’anni, attraverso forme di inciviltà e scarso senso civico di una fetta dei residenti, fenomeni di abusivismo e illegalità diffusa, persino per l’occupazione di un posto auto. Questo clima di timore ha portato molti residenti a chiudersi e ripiegarsi in se stessi, pur di mantenere un apparente quieto vivere. Col tempo si è consolidata l’immagine di un quartiere dove è possibile sentirsi liberi al limite dell’illegalità, ma «la parrocchia veramente diviene un presidio di educazione grazie anche alla presenza dell’Azione Cattolica».
La riqualificazione urbana di piazza Immacolata, molto discussa e poco capita, ha permesso innanzitutto più ordine, visti i parcheggi selvaggi effettuati sin davanti ai gradini dell’ingresso della chiesa, favorendo una maggiore interazione sociale e ha permesso di avere un sagrato che valorizza la comunità parrocchiale non solo nelle iniziative pastorali (non avendo molti spazi) ma soprattutto nelle relazioni sociali.
Accanto all’Ac, importanti e vitali sono anche le altre due realtà associative: l’associazione dedicata alla Madonna di Lourdes, che quest’anno ha compiuto 120 anni, e il gruppo di Volontariato Vincenziano che gestisce Casa Emmanuel. «In questi anni ci siamo resi conto dell’importanza di una presenza di misericordia che rompe gli schemi precostituiti e che ci aiuti a recuperare lo stile di chiesa attenta alle relazioni di attenzione e di cura senza l’ansia dei numeri» sostiene don Nico, mentre associa la parrocchia all’albergo dipinto da Luca nel suo vangelo, dove ognuno si sente ospite e non proprietario e dove è possibile praticare la cura.
A tal proposito, «Casa Emmanuel è il segno concreto dell’amore di Dio e della speranza per l’uomo. È una realtà che serve il nostro territorio dal 9 novembre del 1997. Il nome Casa Emmanuel è emblematico: dice uno stile, quello di casa appunto. Uno stile di famiglia e poi Emmanuel, un titolo nella Scrittura riferito a Gesù e che significa che Dio non ci abbandona affatto. Non lo nascondo che è diventato difficile in questo tempo di pandemia abitare Casa Emmanuel, ma, grazie anche all’interessante figura di san Vincenzo de’ Paoli, la comunità e il quartiere possono toccare con mano piccoli semi di speranza. In questo anno di pandemia, veramente Casa Emmanuel è diventata seme di vita buona per tanti che nel nostro quartiere vivono il dramma del “nero”: affitti in nero, lavoro a nero, badanti in nero. È il dramma del sommerso e dell’irregolare che la pandemia ha semplicemente fatto emergere. Quell’irregolare che – se non fosse stato per la Didattica a distanza – tocca anche la scuola rivelando una istruzione per i ricchi e una per i poveri». Per andare incontro alle esigenze emergenti nel primo lockdown, ad esempio, la parrocchia mise a disposizione la rete wi-fi, mentre il doposcuola era chiuso, per i bambini che dovevano seguire le lezioni a distanza, considerato che molti nuclei familiari (soprattutto di immigrati) vivono in 50 metri quadri a pianoterra con uno o due cellulari per 3/4 bambini.
Sono circa 250 i nuclei familiari (su un territorio di 4000 abitanti circa) che si rivolgono a Casa Emmanuel per le ragioni e i bisogni più disparati. Tanto che «Casa Emmanuel si è trasformata anche in un servizio di segretariato sociale svolgendo un lavoro sinergico con le altre associazioni di volontariato del quartiere: l’AUSER e lo sportello medico popolare di Via Annunziata». Il quartiere è caratterizzato da un alto numero di famiglie immigrate, con le quali si prova ad instaurare una relazione di fiducia, supportandole nelle esigenze di vario tipo, favorendo una integrazione graduale.
Tra la libertà del gregge e la misericordia del pastore, binomio emblematico della recente visita pastorale del Vescovo, don Nicolò prosegue il suo ministero con consapevolezza e praticità pastorale.

 

Susanna M. de Candia

Pubbliredazionale Luce e Vita n° 9 di domenica 27 febbraio 2022

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