Il decalogo di don Tonino per essere uomini fino in fondo e santi fino in cima

Messaggio alla Chiesa di Ugento-S. Maria di Leuca per la Quaresima 2022

Caro/a amico/a, 

la Quaresima di quest’anno è illuminata dall’annuncio della venerabilità di don Tonino Bello. Abbiamo gioito e celebrato l’evento, ora dobbiamo più intensamente imitarne l’esempio. La Quaresima è il tempo opportuno per intensificare quanto siamo chiamati a vivere tutto l’anno. È il cammino di conversione e di rinnovamento da percorrere “seguendo le orme di Cristo”. Ora possiamo anche dire: seguendo le orme di don Tonino. Con la sua vita, egli ci ha additato l’umanità di Cristo come modello insuperabile da tenere fisso davanti ai nostri occhi per realizzare in noi “l’uomo perfetto”. Guardando a lui saremo raggianti, purificheremo i nostri sensi materiali e spirituali e così, finalmente, vedremo “l’uomo nuovo”, fatto a sua immagine e somiglianza e modelleremo la nostra umanità in un continuo movimento di conformazione a Cristo e di trasfigurazione in lui. Per realizzare tale cammino, don Tonino ci suggerisce di vivere questi “esercizi spirituali” quaresimali. 

1. Tendi l’orecchio per ascoltare 

Il primo esercizio è ascoltare, compito fondamentale anche del cammino sinodale. Ascoltare vuol dire tendere gli orecchi a Dio che parla nel cuore e all’uomo che parla nella vita. Essenziale è avere un cuore docile cioè «in ascolto» (1Re 3,9) sostando davanti «al Signore del tabernacolo e al tabernacolo del Signore» (A. Bello, Il tabernacolo del Signore. Ai piedi della croce). Se rimani in silenzio udrai la Voce silenziosa e possente del Dio ineffabile e inaccessibile e quella flebile e straziante dell’uomo che grida la sua sofferenza e il suo dolore. Taci, ascolta il silenzio adorante del mistero di Dio e il silenzio di condivisione e compassione delle domande dell’uomo. Nell’umile acconsentimento alla Parola di Dio e in risposta d’amore alle necessità del fratello, la preghiera si farà azione e l’azione si trasforma in contemplazione. 2 

2. Purifica gli occhi per vedere e discernere 

Come il saggio, devi avere «gli occhi in fronte» (Qo 2,14) per fissare il tuo sguardo su Cristo e guardare con gli occhi di Cristo. Dovrai avere «la mira puntata sul principio di tutto, su Cristo, virtù assoluta e perfetta in ogni sua parte, e quindi sulla verità, sulla giustizia, sull’integrità; su ogni forma di bene» (Gregorio di Nissa, Omelie sull’Ecclesiaste, 5). Dovrai anche avere «occhi per vedere le necessità dei fratelli» (Preghiera eucaristica V4). A fare problema – scrive don Tonino -non sono le “muove povertà”, ma gli “occhi nuovi” che ci mancano e ci impediscono di vedere non solo le miserie nuove “provocate” dagli occhi antichi, ma anche quelle che dagli occhi sono “tollerate” o vengono “rimosse” (cfr. vol. II, 408-410, pp. 396-397). Avere “gli occhi in fronte” vuol dire scrutare i segni dei tempi (cfr. II, 331-339, pp. 285-296). 

3. Apri la bocca per pregare, annunciare e insegnare 

Preghiera, annuncio e insegnamento scaturiscono dall’obbedienza al comandamento di Dio: «Apri la tua bocca, la voglio riempire» (Sal 80,11). È Dio a mettere sulla tua «bocca un canto nuovo» (Sal 39,4). Solo allora la recita dei salmi si aprirà alla grazia della preghiera, passando dalla ripetizione delle parole, alla meditazione della mente fino a giungere alla sapienza del cuore. Dall’abbondanza del cuore (ex abundantia cordis) sgorgherà l’annuncio e l’insegnamento. Le parole ripetute accorderanno la lingua e il cuore (san Benedetto, «mens nostra concordet voci nostrae», Reg 19,7) e proclameranno le meraviglie del Signore. Quando si imprimeranno nel silenzio della tua anima, ti accompagneranno per tutto il giorno e per giorni interi, fin quando non ci sarà più bisogno di recitazione e di ripetizione, perché entrerai nel silenzio di una preghiera senza parole e sperimenterai il santo timor di Dio. Prega dunque: «Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode» (Sal 50,17). La tua parola si farà fecondo annuncio, l’insegnamento sarà carico di sapienza, la supplica si volgerà in domanda, la domanda si trasformerà in invocazione e l’invocazione esploderà nel rendimento di grazie. 

4. Lascia che la bellezza della liturgia scavi il tuo cuore 

Il mistero irrompe per viam pulchritudinis, attraverso segni sensibili colmi di bellezza, quali sono le azioni liturgiche. «La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi» (Evangelii gaudium, 24). L’esperienza liturgica avviene attraverso il regime dei segni (cfr. Sacrosanctum Concilium, 7), secondo la linea che va dall’Incarnazione alla celebrazione: «Quanto del nostro Redentore era visibile è passato nei sacramenti» (Leone Magno, De Ascensione Domini II, 2). La bellezza «non è un fattore decorativo dell’azione liturgica; ma è elemento costitutivo, in quanto è attributo di Dio stesso e della sua rivelazione» (Sacramentum caritatis, 35). È la bellezza di Cristo, del suo Vangelo, dei suoi misteri, della sua morte e risurrezione, della sua presenza viva che rende bella, buona, desiderabile, attraente, l’azione liturgica. Si va dunque dalla bellezza del mysterium Christi alla bellezza dell’azione che lo rende sacramentalmente presente. L’invisibile si rende visibile e scava nel tuo cuore un pozzo profondo di luce e di pace in cui, come in un riflesso, il mistero si vede, si guarda e si contempla. Risuona così il fascino dell’imperativo: «Seguimi!» (Mt 9,9) a cui fa eco la tua pronta risposta: «Eccomi, manda me» (Is 6,8). 

5. Apprendi la sapienza della vita 

Seguire Cristo vuol dire imparare la sapienza della vita (cfr. Sir 1,1-22). Nessun cammino di fede è senza prove. La tentazione non è un incidente di percorso, ma è parte integrante del discepolato; è un’interruzione, l’apertura di una faglia, una ferita, una “frattura instauratrice” (Michel de Certau). Ma proprio quando lo scorrere lineare e prevedibile del cammino si fa incerto, se non impossibile, quando i conti non tornano, gli ideali sfioriscono e le aspirazioni evaporano, Dio irrompe per trasformare il chronos in kairos; non un tempo da cui fuggire, ma un evento da abitare e da vivere sotto l’azione dello Spirito che spinge nel deserto e, in quel luogo impervio e difficile, entra dolcemente e impetuosamente come difensore e liberatore, per consolare con la tenerezza affettuosa di una madre e mostrare la premurosa vicinanza e delicatezza di un amico. Devi accettare la durezza resistente e respingente della realtà. Non sempre “quello che capita” coincide con ciò che desideri, né puoi sapere in anticipo se sarà foriero di realtà positive o di nuove ostilità. Prudenza, pazienza e perseveranza sono le virtù dei forti e dei coraggiosi. Fidati e affidati a Dio, non come se fosse una polizza assicurativa contro il rischio e neppure come una scommessa frettolosa e sconsiderata, ma come segno affettuoso di chi, senza “rete di protezione”, si getta nelle braccia dell’amato, sorretto solo da un’illimitata fiducia in lui, nella serena certezza che, anche se è nascosto e invisibile, il Signore è ti vicino e ti accoglierà con la dolce forza del suo amore misericordioso. 

6 Gusta le gioie genuinamente umane 

Lo sconvolgente messaggio del Concilio Vaticano II è «“gustare le gioie genuinamente umane”. Per quanto limitate e forse anche banali, esse faranno battere il tuo cuore. Queste gioie «non sono snobbate da Dio, né fanno parte di un repertorio scadente che abbia poco da spartire con la gioia pasquale del Regno. La felicità per la nascita di un amore, per un incontro che ti cambia la vita, per una serata da trascorrere con gli amici, per una notizia sospirata da tempo, per l’arrivo di una creatura che riempie la casa di luce, per il ritorno del padre lontano, per una promozione che non ti aspettavi, per la conclusione a lieto fine di una vicenda che ti ha fatto a lungo penare… questa felicità fa corpo con quella che sperimenteremo nel Regno. È la gioia che ci proietta nell’eternità. È la gioia che proveremo nel cielo, molto più grande dell’estasi che ti coglie davanti alle montagne innevate, alle trasparenze di un lago, alle spume del mare, al mistero delle foreste, ai colori dei prati, ai profumi dei fiori, alle luci del firmamento, ai silenzi notturni, all’incanto dei meriggi, al respiro delle cose, alle modulazioni delle canzoni, o al fascino dell’arte» (III, 229-230, n. 151- 152). 

7. Stendi le mani per abbracciare e accarezzare 

Anche le mani hanno una loro intelligenza. L’esperienza tattile è la prima lettura della realtà che ci circonda, solo successivamente si impara a vedere e a correggere le imprecisioni della vista. Il tatto è il senso più complesso perché non riguarda un organo preciso come gli altri sensi. È il più compromettente, perché è prossimità, relazione, confidenza. È il più umano e il più mistico dei sensi. Il suo è un linguaggio non verbale che puoi utilizzare istintivamente per manifestare i tuoi sentimenti, per far sentire a chi ti sta vicino l’amore che nutri. Toccare significa comprendere, conoscere se stessi e il mondo e rafforzare l’autostima, la sicurezza, il conforto della compagnia. 

A differenza degli idoli, anche Gesù non teme il contatto con le malattie e le impurità, anzi si fa toccare dalla sofferenza. La gente tocca Gesù e chiede di essere toccata, guarita e salvata da lui. Le tue mani siano come le sue: strumenti sensibili capaci accarezzare e di trasmettere amore e accoglienza. Anche il tocco attraverso l’abbraccio ha effetti positivi. Abbracciare è un modo meraviglioso per dare amore a chi ti circonda ed è uno strumento per accarezzare l’anima di chi ti è vicino. 

8. Muovi i tuoi piedi sui passi degli ultimi 

Non è sufficiente “camminare insieme”. Fondamentale è stare “insieme per camminare”. Solo quando comprendi la gioia di relazionarti con il fratello e la sorella che ti sono accanto il tuo cammino si riempirà di senso e acquisterà un valore più alto, tanto che il fatto stesso di camminare insieme costituirà la prima testimonianza di amore e di fede in Cristo Risorto. Devi camminare “sul passo degli ultimi”. È la logica del Vangelo, il segno eloquente della presenza del Signore nel mondo, il primo visibile modo per testimoniare e mostrare a tutti il Signore che cammina ancora con noi, nel nostro tempo, accanto ai nostri passi (cfr. I, 351-353, pp. 287-289). Da qui l’importanza di vivere con intensità il cammino sinodale. 

9. Conta, se puoi, il numero delle stelle 

Stupisce la creazione, continuo miracolo e infinita distesa di splendore che si mostra continuamente e silenziosamente sotto i nostri occhi; universo di immensa e sterminata ricchezza di bellezza che sfavilla in mille forme, in mille sfumature e mille gradazioni di luce; cosmo insuperabile di armonia dei suoni e consonanza di colori. «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle!» (Gn 15,5) dice Dio ad Abramo, numerosa è la discendenza che sta per regalargli. Con somma meraviglia egli scoprirà di essere chiamato a diventare “padre di molti popoli” (cfr. A. Bello, Ad Abramo e alla sua discendenza). 

Anche a te, ogni volta che vuole liberare il tuo sguardo dalla tristezza di rimanere soli, dal dolore di non essere amato da nessuno, dalla paura della sofferenza e della morte, Dio dice: «Conta le stelle!». Se ti eserciti a contare le stelle avrai imparato a spostare la sguardo da te per puntarlo verso la luce divina che non tramonta e risplende in ogni frammento del creato. Dovunque potrai scorgere sprazzi di luce che illuminano non solo il cielo stellato, ma anche gli angoli più oscuri della terra. Guarda tutto il creato, in terra un manto di gemme e, in cielo, un velo azzurro trapunto di mille fulgide stelle. Affacciati anche tu alla finestra della tua vita, non riuscirai a contare tutte le meraviglie che Dio ha operato e continua a realizzare in te e attraverso di te. Scoprirai che «le stelle stanno a guardare (the stars look down)» e brillano «di gioia anche per te» (Bar 3,35). 

10. Sogna i sogni dei poveri 

Vivere è sognare. Il sogno però, non è fuga in un mondo onirico, ma è entrare nel «teatro dei poveri» (V, 55, p. 55), il luogo dove si consumano le sorti degli ultimi della terra, non nella forma della commedia o della tragedia, ma dell’assunzione di responsabilità. In questo teatro, si impara a sognare «anche per conto terzi» (V, 56, p. 56). Non solo sogni personali, ma “sogni planetari”, non “piccoli sogni”, ma “sogni cosmici e universali”, dove si coltivano le speranze di tutti, i progetti di rinnovamenti globali e di cambiamenti radicali, scenari di un nuovo assetto della società. Farsi solidali con i sogni dei poveri significa anche «interpretare» (VI, 286, pp. 291-292). e imparare a «sognare con essi: perché solo chi sogna può evangelizzare» (VI, 286, p. 292). Se, infatti, «uno sogna da solo, il suo rimane un sogno. Ma se sogna insieme con gli altri, il suo è già inizio della realtà» (V, 58, p. 58). 

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Caro/a amico/a, 

questo messaggio ti giunge mentre venti di guerra soffiano in Europa. Accogliendo l’invito di Papa Francesco, il prossimo 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, vivremo, insieme con tutta la Chiesa, una giornata di preghiera e di digiuno. In questo drammatico scenario, gli insegnamenti di don Tonino appaiono di una rilevanza ancora maggiore. Lasciati attirare dal suo luminoso esempio di vita e compi un intenso cammino quaresimale per invocare la pace e rafforzare lo stile sinodale della nostra Chiesa particolare. 

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