L’Istituto Pastorale Pugliese, per avviare un processo di condivisione e per cercare di avere una visione d’insieme circa la prassi pastorale pensata e attuata dalle Chiese di Puglia nel tempo della pandemia, ha promosso due incontri con i Responsabili Diocesani della Pastorale e i Segretari delle Commissioni Regionali della CEP.

In seguito, ogni Referente ha redatto una relazione nella quale ha narrato quanto la propria Diocesi ha vissuto e sostenuto nell’azione pastorale dal primo lockdownfino ad oggi. Quanto segue è la sintesi di tutte relazioni.

 

LA PRASSI PASTORALE

DELLE CHIESE DI PUGLIA NEL TEMPO DELLA PANDEMIA

L’esplosione dello scenario pandemico all’inizio del 2020, fino all’attuale situazione emergenziale, per la quale non è possibile, ancora oggi, prevedere termini di risoluzione definitiva, ha determinato un improvviso e necessario mutamento di rotta nella prassi pastorale delle nostre comunità; ha ridisegnato i confini dell’azione ecclesiale, ci ha posti dinanzi all’urgenza di affrontare una crisi in un modo che non fosse la proiezione di una paura anche umanamente comprensibile, ma il riflesso di uno sguardo di speranza che andasse oltre il ripiegamento sul passato. Nel vedere le nostre agende svuotarsi, i nostri appuntamenti saltare e tutta la nostra minuziosa programmazione annullarsi, ci siamo, di fatto, ritrovati privi delle nostre consuete certezze, a brancolare in un buio difficile da attraversare. Con un’espressione simbolicamente efficace, taluno ha descritto questa situazione come una linea di frontiera; una linea sulla quale si è chiamati a fronteggiare paura, dolore, scoraggiamento, isolamento, ma una linea che è anche luogo ideale per allenare lo sguardo a nuove prospettive. Ed è proprio questo ciò che è emerso da una ricostruzione di insieme delle varie riflessioni proposte: lo smarrimento iniziale non ha impedito, a ciascuna delle realtà diocesane interpellate, pur dopo un improvviso e imprevedibile arresto, anch’esso funzionale alla ripresa, di tornare prontamente a farsi prossima alle esigenze delle comunità locali, con nuovi mezzi e rinnovato entusiasmo.

La frontiera è una linea che provoca il cambiamento; un cambiamento che, nel caso specifico, nasce dall’urgenza di leggere gli eventi come tempo di grazia, come opportunità di rinnovamento. Non deve trattarsi di un’attesa sterile di un ritorno al passato e neppure di un auspicato ripristino dello status quo ante, ma di uno sguardo sinceramente orientato a cogliere la sfida della costruzione di un tempo nuovo, attraverso un discernimento autentico delle istanze dello Spirito. Ciò significa, anche restando nel solco delle iniziative già intraprese, far tesoro di quanto la crisi stessa è in grado di offrirci, per intraprendere scelte pastorali di più ampio respiro. Il tempo della prova, infatti, diventa anche, inevitabilmente, un tempo di scelta, un tempo nel quale imparare a riconoscere ciò che conta e ciò che invece semplicemente passa; di separare ciò che è necessario da ciò che, con tutta evidenza, non si rivela tale. È il tempo per prendere consapevolezza della propria fragilità, per partire da essa e lasciarsi plasmare dalle interpellanze provenienti dallo Spirito, disponibili a quell’opera di discernimento essenziale, dalla quale, sola, può discendere la testimonianza della vita nuova delle Chiese di Puglia. Si tratta di lasciarsi interpellare dai segni dei tempi, restando disponibili all’ascolto della voce di Dio in una essenziale cornice di sinodalità, consapevoli che il rinnovamento rappresenta il modo più sicuro ed efficace di vivere coerentemente e fruttuosamente la missione pastorale, un’azione condivisa dai “discepoli missionari”. In questa prospettiva s’innesta una riflessione importante: la voce di Dio non si ascolta da soli! Le scelte pastorali necessitano di ascolto ma anche di condivisione e di uno sforzo costante ed instancabile di collegamento e confronto, perché non si corra il rischio di percorrere strade parallele e sentieri infecondi. Un discernimento vissuto nella sinodalità ci chiama alla comprensione di noi stessi, degli altri e della situazione storica nella quale ci troviamo immersi, dell’oggi delle nostre comunità e del loro possibile futuro; senza l’ansia della programmazione o la nostalgia del passato ma con il gusto lentodi un’azione ecclesiale che punti all’essenziale. D’altra parte, la conversione pastorale, come anche è stato evidenziato, è un processo lento che si compie insieme a piccoli passi.

In tale contesto diventa importante, come anche è stato evidenziato, fuggire la tentazione dell’autoreferenzialità, del ripiegamento su se stessi, sul proprio dolore, sulle proprie insicurezze. È necessario, invece, essere disponibili ad una creatività condivisa che non significa “improvvisazione” ma consapevolezza che, anche uno scenario altamente critico, nasconde certamente opportunità di bene da cogliere, accogliere e assecondare. In questo senso, appare interessante l’immagine di un’azione pastorale scandita in tre momenti: ascoltare, riflettere, convertire; un’azione che può svilupparsi attraverso un’esperienza di confronto per “tavoli”, ai quali far convergere Parrocchie, Associazioni, movimenti, realtà ecclesiali e non, presenti sul territorio, nella certezza che ogni esperienza porta una ricchezza particolare al cammino ecclesiale, che ogni voce va ascoltata e tutti insieme ci si deve mettere in ascolto della volontà di Dio. Tutto questo, non deve tradursi, tuttavia, in efficientismo; non si tratta di fare cose nuove ma di fare nuove le cose, attraverso una feconda e proficua interazione con le realtà circostanti. Occorre insomma portare avanti un vero rinnovamento fondato su un discernimento comunitario ininterrotto e gravido di buoni frutti.

Il panorama emergenziale nel quale ci siamo trovati inaspettatamente immersi, ci ha costretti, poi, a guardare alla comunità ecclesiale non più come al solo luogo di culto, favorendo invece una prospettiva nuova entro la quale scoprire la gioia e la bellezza di una preghiera condivisa anche al di là e ben oltre gli spazi fisici consueti, interpellando ogni parrocchia a diventare uno spazio vivace entro il quale costruire relazioni buone e belle. Perché in questo tempo di crisi, durante il quale abbiamo visto svanire la fisicità degli incontri, rimane, permane e va salvaguardato e promosso un modello pastorale generativo, incentrato sulle persone e sulle loro concrete esperienze di vita. Come anche taluno ha osservato, occorre cioè partire dalla consapevolezza che, nell’attuale “umanesimo autosufficiente”, la fede non è più un fatto scontato ma soltanto una delle scelte possibili; una scelta possibile che invita noi a suscitarla ripartendo da ciò che è assolutamente imprescindibile: la professione e la testimonianza di una fede che vada oltre il ritualismo. Si registra, in questo contesto, un generale arretramento di un cristianesimo di tradizionee convenzione, ed un progressivo avanzamento di un cristianesimo di conversionee convinzione. Tra le scelte di fondo operate, in aderenza a questa prospettiva, vi è quella che evidenzia tre passaggi: camminare insieme, essenzializzare, fare rete che, nell’ottica di quello stesso discernimento sinodale già ampiamente richiamato, significa anche, con una bella espressione, “organizzare la speranza” intrecciando competenze e risorse, rafforzando il rapporto con le istituzioni e coordinando la presenza sul territorio: tutti sulla stessa barca!

In definitiva, nella incessante valorizzazione di un cammino sinodale e nella imprescindibilità di un’azione che sia frutto di un instancabile percorso personale e comunitario di discernimento, occorre che le Chiese locali, non indugino più nel rannicchiarsi in attesa di un nostalgico ritorno al passato; sappiano piuttosto lasciarsi coinvolgere dalla sfida di un nuovo tempo in cui certamente lo Spirito opera e suscita un rinnovato slancio missionario. Come anche qualcuno ha osservato: non si tratta più di tornare indietro o andare avanti ma di andare in fondo alle questioni, a partire dall’uomo!

Certamente, anche al di là delle prospettive espresse, le nostre comunità si sono trovate ad affrontare, concretamente, un cambiamento importante nei diversi ambiti di intervento.

Superate le difficoltà iniziali ed improvvise del primo lockdown, nel settore dell’evangelizzazione,si registra, per la maggior parte, una progressiva valorizzazione del coinvolgimento degli adulti; il venir meno degli incontri con i più piccoli ha indotto ad un sempre maggiore interessamento per gli ambiti familiari, non soltanto raggiungendoli con i nuovi mezzi di comunicazione telematica ma provocando, negli stessi, un dialogo importante sulle esperienze limite che si stanno vivendo. Sono state, in questa medesima prospettiva, offerte delle linee guida, che fossero anche il riflesso della urgenza di recuperare quelle soglie esistenziali che aprono alla fede, presenti in casa, nelle relazioni familiari e comunitarie. Ciò anche nel tentativo di recuperare dei valori essenziali che rischiavano di perdersi: la famiglia stessa, la casa, la forza antropologica dei gesti rituali e il desiderio di vita comunitaria. La creatività delle comunità parrocchiali ha fatto il resto: attraverso l’implementazione di piattaforme virtuali e l’uso dei socialè stato possibile offrire, anche ai catechisti, momenti formativi di notevole interesse. È stato possibile sostenere tutti gli operatori pastorali, accompagnandoli, sulla linea di frontiera, nel superamento delle incertezze e nella identificazione di punti di riferimento solidi capaci di ridare senso alle cose ed incoraggiare la speranza, senza perdere di vista anche la risorsa(piuttosto che il limite) degli incontri di piccoli gruppi “in presenza”.

Anche il settore liturgia ha visto, nel corso del tempo, mutare il proprio tradizionale profilo, per assumere, con sempre maggiore sicurezza, il volto nuovo di un invito alla partecipazione che, attraverso i social, promuove la preghiera in famiglia e la valorizzazione, in chiave catechistica, dei gesti tipici familiari, nell’auspicabile obiettivo di non lasciare neppure che le molte esperienze di chiesa domestica,che questa emergenza ha favorito, vadano disperse nel tempo della ripresa.

Inevitabilmente, poi, la situazione di crisi sanitaria, economica e sociale generata dalla pandemia in atto, ha determinato l’urgenza di rispondere e corrispondere a nuove esigenze di carità. Una sintesi efficace di quanto emerso nelle diverse realtà ecclesiali potrebbe essere rappresentata dall’esigenza di ricercare non la perfezione ma la perfetta carità, che si fonda sulla relazione con l’altro e mette necessariamente in crisi un vecchio modo appiattito e comodo di fare carità, talvolta secondo i nostri schemi, contraddistinti dall’abitudine, e non in aderenza ai bisogni reali dei poveri. Diverse sono state le iniziative segnalate, a sostegno del tessuto economico locale e delle famiglie in difficoltà; tutte riportate ad unità da una riflessione che invita a valorizzare questo momento storico come il momento in cui andare oltre, non fermarsi a compiacersi del bene fatto ma fare in modo che la carità diventi uno stile di Chiesa da vivere.

D’altro canto, anche ricollegandosi alle iniziative intraprese in tema di evangelizzazione, tutti hanno rivolto particolare attenzione alla famiglia, quale luogo, oggi, maggiormente coinvolto da nuovi bisogni e nel quale si esprime, con voce più forte, l’esigenza di un intervento efficace delle nostre comunità parrocchiali. In questo senso, ci si è fortemente adoperati, con i nuovi mezzi di comunicazione a disposizione, nel mantenere vive relazioni importanti che rischiavano di andare perse e, in uguale direzione, si sono promossi momenti di riflessione e di recupero della coscienza della propria identità di famiglia. È stata l’occasione per ritornare sui passi dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia, guardando al futuro nella prospettiva di un cammino orientato a superare la stessa emergenza e volto a garantire, anche dopo, sostegno e supporto alle famiglie, aiutandole ad incontrarsi in casa attorno alla Parola di Dio.

Nello stesso modo, non sono stati abbandonati i percorsi più direttamente riferiti a giovani e vocazioni; piuttosto rivisti e rimeditati attraverso l’uso delle nuove tecnologie, che hanno offerto (anche in un linguaggio più familiare per gli stessi destinatari) nuovi luoghi per condividere esperienze tradizionali, come i momenti di preghiera e di riflessione che da sempre hanno animato e animano le nostre comunità.

Infine, ma non da ultimo, tutto il settore della pastorale sociale è stato anch’esso fatto oggetto di un modo rinnovato di guardare avanti; un modo per il quale si è utilmente provocato e procurato un incontro fra la tradizione e le nuove opportunità tecnologiche, gravido di buoni frutti. Le piattaforme on-linesono state di grande supporto ma soprattutto si è presa consapevolezza della necessità di superare rigide e non più attuali ripartizioni, per lasciare spazio ad un annuncio del Vangelo a partire dalle situazioni che gli uomini si trovano concretamente a vivere e che appaiono ormai ben distanti dalle vecchie prospettive di azione.

In fondo si può dire, come qualcuno ha rilevato, essere in atto un processo di allontanamento dalla cosiddetta pratica religiosa. E questo determina l’evidente bisogno di una ricerca di fede che sappia andare oltre i ritualismi, per offrire, all’uomo di oggi, un’azione pastorale che sappia discernere e ritenere quanto è importante e necessario, facilitando l’incontro con il Signore, in ogni luogo della quotidianità.

05 febbraio 2021                                                                             Sac. Piero De Santis

                                                                                                            Direttore IPP