Caro don Renato, 

hai seguito il Signore Gesù con la testimonianza della vita e, in questi ultimi anni, gli sei stato conforme nella sofferenza. Siamo sicuri che ora sei nelle sue mani. Lo attesta la parola di Dio che è stata proclamata in questa liturgia esequiale: «Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà» (Sap 3,1).

Sacerdote a immagine di Cristo buon pastore

Nato a Ruffano il 6 novembre 1942 da Antonio e Vetruccio Giuseppa, vive nel suo paese insieme con il fratello Rocco e le sorelle Irma e Maria. Nel 1953, all’età di 11 anni, entra nel Seminario vescovile di Ugento, nel 1959 in quello di Molfetta e dal 1963 è alunno del Seminario Romano dove riceve gli ordini minori, il suddiaconato e il diaconato. Suoi compagni di studio alla Pontifica Università Lateranense furono i futuri cardinali Crescenzio Sepe e Angelo Comastri. L’11 marzo 1967 è ordinato sacerdote da mons. Giuseppe Ruotolo nella parrocchia matrice di Ruffano. Il 22 settembre dello stesso anno è nominato vice parroco della parrocchia “Trasfigurazione” di Taurisano. Il 12 marzo 1981, mons. Mincuzzi lo nomina parroco della stessa comunità ricordandogli che, con questo incarico, raccoglie «una ricca eredità pastorale che […] mons. De Vitis e don Ugo Schimera hanno depositato nel cuore del popolo taurisanese». Fedele a questo compito, per 55 anni, si dedica con tutte le sue forze a servire questa comunità. 

Nel 2005 viene colpito dalla malattia che accetta con grade forza d’animo e con totale abbandono alla volontà di Dio. Al compimento dei 75 anni, Papa Francesco gli fa personalmente i suoi auguri chiamandolo al telefono. L’8 ottobre 2017, al termine della mia visita pastorale alla comunità parrocchiale mi presenta le sue dimissioni con queste parole: «A partire dal 6 novembre 2017, Lei può disporre di me per il bene della parrocchia prima, unica e ultima che ho servito. Vorrei rassomigliare a Gesù che “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”». Nella mia lettera di risposta gli ho manifestato la mia paterna vicinanza e la mia umile preghiera sottolineando l’opportunità di «continuare a edificare la comunità taurisanese, soprattutto con l’offerta spirituale della tua sofferenza». E così ha fatto fino all’ultimo suo respiro.    

Come san Giuseppe, padre nello Spirito e uomo giusto

Queste sintetiche note biografiche mettono in evidenza due note caratteristiche della figura umana e del ministero sacerdotale di don Renato. Come san Giuseppe, è stato un “padre nello Spirito Santo” e un “uomo giusto”.    

Don Renato ha esercitato la sua paternità nei riguardi di questa comunità parrocchiale soprattutto in riferimento ai laici dell’Azione Cattolica e ai giovani. Riconoscente a don Ugo per il suo esempio di vita sacerdotale, afferma: «Devo a don Ugo se sono maturato come sacerdote e come uomo, rispettoso del ruolo dei laici considerati capaci di costruire una società fondata sul Vangelo per fare di Cristo, il cuore del mondo»[1]. E aggiunge: «Ho cercato di insegnare ai laici a pescare piuttosto che a dargli il pesce bell’è e pronto. Con loro e grazie a loro ho portato avanti la pastorale. Ai laici non vanno consegnate ricette preconfezionate o soluzioni pronte. Piuttosto, chiavi di lettura partendo dalle quali ognuno deve esercitare la propria responsabilità».

In riferimento all’educazione dei giovani portata avanti soprattutto nei primi anni di sacerdozio ricorda: «Sono stati anni bellissimi, forse i migliori: Io mi dedicavo ai ragazzi e ai giovani, giravo per le famiglie, mentre don Ugo si occupava delle questioni burocratiche. Un po’ come succede oggi, a parti invertite, con don Ippazio. In fondo. La grazia dei viceparroci è quella di potersi dedicare completamente alle persone. In don Salvatore Chiarello (vice parroco dal 2005 al 2011) e in don Ippazio mi ci rivedo molto anch’io».

Significativo è stato il suo impegno per l’attività pastorale nell’oratorio. Scavando nella memoria, affiorano i suoi ricordi: «La costruzione rustica c’era già quando sono arrivato. Da viceparroco mi sono occupato dei campi sportivi, poi lo abbiamo completato. Un periodo lo affittammo come scuola materna al Comune che lo rimise a posto, poi lo abbiamo completato con l’aiuto dei fedeli. È una bella struttura anche se non è facile portarla avanti. Vanno rilanciate le attività». Parole sante. Per questo come diocesi abbiamo dato corso a una serie di lavori che dovranno continuare anche in seguito per rendere la struttura adeguata ai tempi. Naturalmente anche la parrocchia deve avere a cuore questo impegno strutturale e pastorale.   

Don Renato ha esercitato la paternità non solo nei riguardi di questa parrocchia, ma dell’intera comunità civile di Taurisano. In questo senso è significativa questa sua testimonianza: «Sono sempre rimasto distante dagli schieramenti politici, ma non dal dibattito pubblico. È vero, ogni tanto, nelle omelie e nei discorsi, facevo delle battutine ma non per offrire indicazioni di voto, piuttosto per richiamare alcuni principi. Nessuno può dire che io abbia suggerito di votare questo o quello, anche se nei comizi qualcuno mi tirava per la giacca».

Si commuoveva quando qualcuno chiedeva un aiuto economico. «Quando viene qualcuno e mi presenta realisticamente la sua situazione io lo considero uno di famiglia. Poi mi chiedo: se mio fratello o mia sorella avesse bisogno, non gli darei una mano? Aiuto tante persone dandogli da fare lavori per l’oratorio, cerco di educarli a guadagnarsi il pane senza dare loro soldi e basta […]. Se un povero bussa alla mia pota non riesco a digli di no, però mi rendo conto che dire sempre di sì crea una sorta di obbligo per chi verrà dopo di me. Finché posso aiuto volentieri, io non devo accumulare nulla. Certo, il Comune dovrebbe provvedere con i Servizi Sociali, però le pratiche sono lente, i fondi scarseggiano. Molti mi dicono: “solo tu, don Renato, mi puoi dare una mano”. E mi portano le bollette: la miseria, negli ultimi anni, è un fiume che va ingrossandosi».

Caro don Renato, sei stato un uomo giusto. La Scrittura definisce “giusto” colui che è fedele alla legge di Dio e vive sottomettendosi alla sua volontà e cammina secondo i suoi comandamenti. Per questo «il giusto sarà sempre ricordato» (Sal 111,6) ed anche se sono molte le sue sventure, «da tutte lo libera il Signore» (Sal34, 2). Il Signore benedice «il giusto: come scudo lo copre la sua benevolenza» (Sal 5,13). 

In questo momento, caro don Renato, possiamo riferire a te le parole del salmo: «Una luce si è levata per il giusto, gioia per i retti di cuore. Rallegratevi, giusti, nel Signore, rendete grazie al suo santo nome» (Sal97 (96), 11-12).  Vivi nella gioia del tuo Signore che hai amato e servito con tanto affetto e tanta dedizione. Ci confortano le parole dell’Apocalisse: «Beati i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono» (Ap 14, 13).

È questa forse la più sorprendente delle beatitudini, certamente la più consolante. Niente va perduto e tutto è trasfigurato in una gioia senza fine. È la gioia che il Signore ti concede ora che puoi contemplare il suo volto; una gioia grande, purificata come oro nel crogiuolo, dal fuoco della sofferenza che ti ha reso un olocausto gradito a Dio (cf. Sap 3, 6). Con i tuoi genitori e tua sorella Irma, vivi per sempre in quell’amore che ti ha generato e ti ha consacrato come ministro di Cristo Signore. Amen.


[1] Questa citazione e le altre che seguono sono riprese da A. Sanfrancesco, Don Renato Attanasio: cinquant’anni di sacerdozio a Taurisano, In “Presenza Taurisanese”, 35, giugno-luglio 2017, n. 292, pp. 2-3.  

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