Carissimi, 
la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno, ci mette davanti questo interrogativo fondamentale per la vita cristiana di ognuno. 
È la domanda che Gesù fa a Marta nel contesto della resurrezione di suo fratello Lazzaro, domanda che parte da una manifestazione cristologica: Io sono la resurrezione e la vita chi crede in me non morirà in eterno, dice Gesù. 
Marta risponde con un assenso di fede che la coinvolge interamente, perciò dice: Si, o Signore, credo che sei il Cristo. 
Cosa unisce i cristiani di tutte le confessioni se non questa chiara è precisa consapevolezza di fede?
Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio Salvatore del mondo, Egli è l’unico e insostituibile, oltre che necessario Redentore, colui che con la sua croce ha ristabilito l’alleanza tra Dio e il mondo. 
Questa chiarezza di fede non costituisce per i cristiani una conquista, frutto di uno sforzo di carattere deduttivo, ma è una rivelazione, cioè un atto d’amore con cui Dio ha voluto rivelare se stesso. 
Il Padre ci ha rivelato il Figlio e il Figlio il Padre, e noi giungiamo alla comprensione del profondo mistero della comunione divina attraverso il dono dello Spirito Santo, perciò è la Trinità stessa che si rivela a noi mentre noi siamo associati, per grazia, alla vita trinitaria attraverso il mistero pasquale di Cristo. 
Queste riflessioni, che emergono chiaramente dalle parole di Gesù, che nel vangelo di Giovanni dice: Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e nessuno conosce il Figlio se non il Padre e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare, ci mostrano come la Chiesa nei primissimi secoli, mettendosi sempre in ascolto umile della parola e sotto l’azione dello Spirito Santo, ha cercato di mettere a fuoco e di “cristallizzare”, per così dire, il mistero della fede, affinché nei secoli fosse trasmesso intatto.
È questo il compito dei concili ecumenici dei primi secoli, concili, lo ricordiamo, che restano una bussola di riferimento per tutti i cristiani di tutte le confessioni. 
Il Concilio di Nicea riunito dall’imperatore Costantino nel 325, segnò, come sappiamo, una svolta nella prassi ecclesiale dei primi secoli. 
Primo tra i concili, fu quello che definì il dogma trinitario insieme al primo di Costantinopoli, a quello di Efeso, al concilio di Caledonia, e al secondo di Costantinopoli.
Ma oltre ad aver chiarito la fede circa l’identità di Cristo vero Dio e vero uomo, ha anche inaugurato la stagione della prassi ecumenica e sinodale della Chiesa. 
I 1700 anni da questo importante evento, si inseriscono in un clima, quello del 2025 carico di suggestioni. 
Da una parte il giubilo della speranza, che come tutti i giubilei celebra l’anno della redenzione, perciò richiama tutti ad un rinnovato cristocentrismo, sempre più da recuperare in una società frammentata e priva di un solido fondamento di unità che dia senso e dinamicità a tutto l’agire umano. 
I cristiani vedono solo in Cristo il centro è il senso del loro agire nel mondo e nella storia, lungo i secoli; in Cristo Verbo di Dio incarnato, garante della nostra unione a Dio Trinità e perciò fondamento dell’unità tra noi e nelle chiese. 
L’altro contesto in cui si inserisce la celebrazione dei 1700 anni dal concilio di Nicea è la conclusione del sinodo della Chiesa. 
L’esperienza sinodale che in questi tre anni è stata rilanciata come stile di tutto l’agire ecclesiale, non è un novum e neanche un unicum nella storia della Chiesa. Essa è un percorso gia assodato sin dall’inizio, e il cammino dei concili ecumenici, soprattutto quelli riconosciuti da tutti i cristiani, ne è un chiaro segno distintivo, di come la Chiesa, in questioni chiave per la sua vita e la sua missione, abbia sempre fatto ricorso ad un “noi” che si interroga, ad un “noi” che riflette, ad un “noi” che accoglie, in una dimensione di ascolto condiviso in stile prettamente comunionale. 
Tutto questo oggi deve essere necessariamente riscoperto, perciò, in modo molto opportuno, Papa Francesco ha riproposto alla Chiesa del nostro tempo, uno stile sinodale – conciliare che affonda le sue radici nel passato della Chiesa indivisa e che può essere per noi oggi, opportunità per un  rinnovato slancio a favore dell’unità tra tutti i cristiani. 
Chiedo a tutti di vivere la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, con intensità di fede riscoprendo innanzitutto il grande valore della preghiera, poiché solo Dio può convertire i nostri cuori e così portarci ad una piena unità visibile, superando tutti gli ostacoli che ancora non la permettono. 
Chiedo ai sacerdoti di intensificare i momenti di preghiera nelle comunità parrocchiali, coinvolgendo i fedeli di altre confessioni cristiane, soprattutto gli ortodossi, molto presenti tra noi. 
Chiedo anche di partecipare e far partecipare i fedeli alle iniziative programmate in questa importante settimana, dal momento che esse costituiscono un importante occasione di formazione ecumenica per i pastori e per il popolo. 
Accanto alla preghiera di diffondere quanto scritto, aggiungo i miei saluti e la mia stima fraterna. 
Allego a questa lettera, la preghiera per l’unità dei cristiani.

Ugento, 12 gennaio 2025
Festa del battesimo del Signore 

don Fabrizio Gallo 

Signore Gesù Cristo,
che alla vigilia della tua passione
hai pregato perché tutti i tuoi discepoli
fossero uniti perfettamente come tu nel Padre e il Padre in te,
fa’ che noi sentiamo con dolore il male delle nostre divisioni
e che lealmente possiamo scoprire in noi e sradicare
ogni sentimento d’indifferenza, di diffidenza e di mutua astiosità.
Concedici la grazia di poter incontrare tutti in te,
affinché dal nostro cuore e dalle nostre labbra
si elevi incessantemente la tua preghiera per l’unità dei cristiani,
come tu la vuoi e con i mezzi che tu vuoi.
In te che sei la carità perfetta,
fa’ che noi troviamo la via che conduce all’unità
nell’obbedienza al tuo amore e alla tua verità. Amen.

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