Articolo in “Nuovo Quotidiano di Puglia- Lecce”,
venerdì, 21 febbraio 2025, pp. 1 e 27.

L’accelerazione dei cambiamenti culturali e geopolitici è sotto gli occhi di tutti. Tra gli altri aspetti, c’è un inatteso ritorno, sulla scena mondiale e nel dibattito pubblico, del riferimento alla religione cristiana. È sufficiente richiamare due fatti, differenti tra loro, ma ugualmente emblematici. Il primo si riferisce alla foto scattata nello studio ovale della Casa Bianca, in cui Trump si è fatto ritrarre al centro, seduto alla sua scrivania, circondato da pastori di varie congregazioni religiose per sancire solennemente l’istituzione dell’”Ufficio della Fede” affidato a Paula White, nota per condividere la cosiddetta teologia della prosperità e, da anni, consulente spirituale dell’attuale presidente degli Stati Uniti. 

Il secondo fatto riguarda il movimento degli amministratori locali che si è creato in Italia dopo la Settimana Sociale dei cattolici italiani (Trieste, 3-7 luglio 2024) sul tema “Al cuore della democrazia” dalla quale è emersa “una visione, una presenza e un metodo” per una rinnovata presenza dei cattolici in ambito sociale e politico. A questo occorre aggiungere i recenti incontri dei rappresentanti del cosiddetto “cattolicesimo democratico” a cui hanno partecipato Ernesto Maria Ruffini Delrio, Prodi, Castagnetti e altri protagonisti del cattolicesimo popolare. 

Insomma il cristianesimo, dato per morto, sembra essere ancora molto vivo e tale da costituire un punto di riferimento e di orientamento nell’attuale “cambiamento d’epoca”. Anche Massimo Cacciari, in una recente intervista alla domanda se ci sono valori da cui l’Europa dovrebbe ripartire, ha risposto: «Ci sono radici difficili da estirpare completamente, che contrastano radicalmente con l’opinione comune corrente. Da un punto di vista laico e non credente, penso che una di queste possa essere l’Europa della cristianità. Bisognerà vedere se questa radice è ancora in grado di dare frutti sul piano della convivenza civile, dei valori, se potrà ancora essere sale della terra sul piano delle ragioni politiche e sociali»[1]. A margine, faccio notare che nel mio precedente articolo pubblicato su questo stesso giornale, dal titolo “La cristianità dell’Europa tra mediazione e fraternità” (domenica, 12 gennaio 2025, pp. 1 e 5) avevo posto la stessa questione e avevo sostenuto che il cristianesimo è ancora il destino dell’Europa. 

Il dibattitto si è fatto più acceso dopo il tweet del vicepresidente degli USA J.D. Vance datato al 30 gennaio in cui ha tirato in ballo la teoria dell’ordo amoris, elaborata da sant’Agostino e ripresa da san Tommaso d’Aquino nella questione 26 della Summa Teologica (II-II). Successivamente, il vicepresidente Vance, in un’intervista su Fox News, ha spiegato che il “giusto” ordine dell’amore doveva essere esposto seguendo il principio “dai vicini ai lontani” e cioè in questi termini: «Prima ami la tua famiglia, poi il tuo vicino, quindi la tua comunità, infine i concittadini del tuo paese. Solo dopo tutto ciò puoi concentrarti sul resto del mondo». Queste dichiarazioni hanno prodotto un enorme dibattito “teologico-morale-politico” su X e sui vari media, condotto a colpi di citazioni dei vangeli e di Tommaso d’Aquino.

A questo punto, è intervenuto anche Papa Francesco con una “Lettera ai vescovi statunitensi”  (11 febbraio 2025). In essa, al numero sei egli scrive: «L’amore cristiano non è un’espansione concentrica di interessi che poco a poco si estendono ad altre persone e gruppi. In altre parole: la persona umana non è un mero individuo, relativamente espansivo, con qualche sentimento filantropico! La persona umana è un soggetto dotato di dignità che, attraverso la relazione costitutiva con tutti, specialmente con i più poveri, un po’ alla volta può maturare nella sua identità e vocazione. Il vero ordo amoris che occorre promuovere è quello che scopriamo meditando costantemente la parabola del “Buon Samaritano” (cfr. Lc 10,25-37), ovvero meditando sull’amore che costruisce una fratellanza aperta a tutti, senza eccezioni». 

Il Papa, pertanto, ha ricordato che è solo dal Vangelo, cioè da Cristo, che possiamo ricavare l’ordo amoris. La rivelazione attesta che in principio non v’è né l’io né il mondo, bensì il Verbo che, in obbedienza alPadre e per amore degli uomini, si è fatto carne, è venuto nel mondo ed è morto per la salvezza di tutti. Questo è il centro, la misura e il metro dell’ordo amoris. Obbedienza al Padre e amore per gli uomini formano un unico comandamento. L’obbedienza al Padre, però, ha un primato ontologico, mentre l’amore agli uomini ha un valore esistenziale.  

L’amore ha, dunque, un ordine, cioè si regola secondo un principio ordinatore. A volte, invece, si afferma che l’amore sia cieco e sia soltanto un mero sentimento irrazionale. Come tale non avrebbe alcun principio guida che lo regoli. San Tomaso, invece, sostiene la tesi contraria. E a pensarci bene, la sua visione è anche di una evidenza razionale. La grazia, infatti, non abolisce l’ordine della natura che ha sempre Dio come autore. Per questo, nel primo articolo della ventiseiesima questione della “Summa Teologica”, egli scrive: «L’amore di carità ha di mira Dio quale principio di quella beatitudine, sulla cui compartecipazione è fondata l’amicizia della carità. Ecco perché negli esseri che sono amati con la carità si riscontra un ordine, in rapporto al primo principio di questo amore, che è Dio». Si afferma così che la carità ha un ordine molto preciso: inizia da Dio e a lui termina, e dunque è Dio il principio regolatore della carità.  


[1] Paolo Lambruschi, Ue totalmente subordinata agli Usa, “Avvenire”, 18 febbraio 2025, p. 3.

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