Omelia nella Messa della solennità della Madre di Dio per l’inizio dell’anno giubilare 2025
Basilica di Leuca, Leuca, 1° gennaio 2025. 

Cari fratelli e sorelle,

l’apertura della porta santa in questo santuario mariano caratterizza il Giubileo della nostra diocesi come un itinerario da percorrere insieme con Maria, nostra Madre e modello di speranza. Se con l’apertura della porta della Cattedrale si è manifestata in modo evidente l’unità della nostra Chiesa particolare, con il gesto di questa sera confermiamo che la sua “identità mariana”, come più volte hanno sottolineato i miei venerabili predecessori.  

Maria, stella di speranza

Due titoli caratterizzano la funzione di Maria in questo anno giubilare: essere “stella del mare” e guida del nostro cammino verso la “porta del cielo”. Le due immagini richiamano i due simboli principali del Giubileo (il pellegrinaggio e il passaggio attraverso la “porta santa”) e si riferiscono innanzitutto a Cristo. È lui la stella splendente di luce che orienta la navigazione della Chiesa verso il futuro. I profeti, che l’avevano annunziato, erano soltanto lampade che brillano in luogo oscuro, «finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori» (2Pt 1, 19). La Vergine Maria, in quanto limpido specchio, riflette la luce di Cristo nel mondo.  Per questo e con somma ragione, ella viene salutata dal popolo cristiano aurora del giorno di Cristo (cfr. 2Pt 1,19), stella del mattino che annuncia il vero sole di giustizia (cfr. Ml, 3, 20), alba radiosa di speranza.  

Ella, pertanto, è Madre e modello esemplare di speranza[1] perché ci aiuta a comprendere le tre venute di Cristo, avendo vissuto queste attese in modo unico e irripetibile: l’attesa storica del Messia per il popolo di Israele, avvenuta duemila anni fa (la venuta storica); l’attesa della venuta ultima e definitiva del Signore Gesù alla fine dei tempi (la parusia); l’attesa della venuta quotidiana di Gesù nella nostra vita di pellegrini sulla terra (la venuta mistica). 

Maria, infatti, riassume la speranza storica del popolo di Israele. Lei, la figlia di Sion, l’umile donna di un piccolo villaggio alla periferia del grande impero romano, vive un’attesa fiduciosa e un ardente desiderio della venuta del Salvatore. In quanto «donna docile alla voce dello Spirito, donna del silenzio e dell’ascolto, donna di speranza, che seppe accogliere, come Abramo, la volontà di Dio “sperando contro ogni speranza” (Rm, 4, 18)». 

Maria fa risplendere la speranza pasquale, nelle differenti tappe dei misteri di Cristo, a cominciare dall’Annunciazione fino all’Assunzione. Ha accolto la nascita di Gesù (Natale), ha vissuto la sua vita affianco a Gesù, sino a quando non è avvenuto il distacco terreno al momento della passione e della morte del Figlio (la Pasqua). Come madre premurosa, ella lo tiene bambino tra le braccia nella grotta a Betlemme e lo accoglie come corpo esanime ai piedi della croce. Madre dolorosa sembra dire: «Figlio mio […] nessuno scrutò fino in fondo gli eventi incredibili che tutti ogni giorno sfioravano – […] / Ma io sapevo: la luce che si snoda in questi eventi / come fibra scintilla nascosta sotto la scorza dei giorni /sei Tu. / Non io l’irradiavo – pure fosti più mio in quel bagliore, in quel silenzio / che come frutto della mia carne e del mio sangue»[2]. In lei, il legame tra il Natale (il compimento della speranza nell’incarnazione del Verbo) e la Pasqua (il compimento della speranza nella resurrezione di Cristo) si realizza pienamente.

Maria, stella maris

Per questo viene invocata come “stella maris”. Da sempre l’uomo è rimasto affascinato dalla prima stella della sera, che è anche l’ultima del mattino. Splendente come nessuna all’incalzare della notte, essa è speranza e promessa del nuovo giorno; presenza splendente e rassicurante quando le tenebre sembrano prevalere sulla luce. Al mattino, dopo aver accompagnato la notte, sembra annunciare e lasciar spazio al sole che dona nuovamente calore e vita. Se ne fa interprete Cesare Pavese in una sua poesia: «Infinito stellato, tu, la notte alla mente / che ti sta ansiosa dici che sei il mistero; / il giorno effimero ti nasconde allo sguardo, / il giorno che è nulla nell’immenso tuo, / il giorno che è tutta la vita dell’uomo. / Infinito oscuro, stellato, / solo al tuo silenzio comprende l’uomo / che tra un’eternità tu gli sarai / ancora un mistero, / sempre un mistero»[3].

Sin dai primi secoli, la tradizione cristiana ha attribuito questo ruolo a Maria, chiamandola stella del mattino. In quanto «stella radiosa del mattino» (Ap 22,16), è per antonomasia la “stella della speranza” cantata anche da diversi autori antichi come “stella maris[4]. Anche ai nostri giorni, la pietà popolare continua «a invocare la Vergine santa come stella maris, un titolo espressivo della speranza certa che nelle burrascose vicende della vita la Madre di Dio viene in nostro aiuto, ci sorregge e ci invita ad avere fiducia e a continuare a sperare»[5].

Il titolo è significativo in quanto il mare è simbolo del caos primordiale, della morte, del nulla e del male, luogo popolato da mostri impressionanti: Leviatan, «serpente tortuoso, guizzante, drago marino» simile a un enorme coccodrillo (Is 41); Rahab, altro cetaceo mostruoso, Behemot, simile all’ippopotamo (Gb 40,15-24); la Bestia marina dell’Apocalisse (Ap 13,1-2) che sale dall’Abisso per distruggere la terra (Ap 17,8). Il mare rappresenta tutte le sfide che possiamo incontrare nella nostra vita. Non deve però trasformarsi in un muro invalicabile, come non lo fu per Israele che lo attraversò all’asciutto. Come dalle acque del Mar Rosso uscì un popolo salvato dalla morte, così dalle acque del battesimo nasce il popolo di Dio salvato per mezzo della morte e risurrezione di Cristo. 

La speranza ci dà conferma che Dio domina le forze distruttive del male (cfr. Sal 114, 3.5; 18, 17. 20; Ger 31,35; Gn 2,4.6; Amos 5,8). Gesù esercita questo potere divino. Nel sedare la tempesta si rivela il Signore che tratta il mare alla pari di un essere diabolico, dominandolo (cfr. Mc 4,35-41). Oltre a sedare la tempesta cammina sul mare e permette anche a Pietro di camminare verso di lui sulle acque (cfr. Mt 14,22-26; Mc 6,45-52; Lc 8,22-25; Gv 6, 16-21). Nella Gerusalemme celeste il mare, simbolo del male, scomparirà definitivamente (cfr. Ap 21,1).

Maria è la stella che illumina la grande barca dell’intera famiglia umana e sa orientare la navigazione della storia verso il porto ultimo della gloria. In quanto “stella del mare”, ella è immagine e simbolo della stella polare che guida i marinai durante la traversata in mare e orienta i viaggiatori nel cammino lungo e distese del deserto. A differenza delle stelle cadenti che abbagliano gli occhi per un momento e svaniscono, la stella polare rimane ferma. Nella sua fissità, serve come un sicuro punto di riferimento nei cieli. Così Maria rimane salda nei cieli orientando le anime verso le coste eterne. I cristiani bizantini la chiamano Hodegitria o “colei che conosce la via “. Purezza, splendore e bellezza, qualità della stella polare, sono applicabili anche alla Vergine.

«La vita umana – scrive Benedetto XVI – è un cammino. La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a lui abbiamo bisogno anche di luci vicine – di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata. E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza»[6]

Maria, porta coeli  

La seconda immagine è “porta coeli”. Il riferimento è innanzitutto a Cristo (cfr. Gv 10; Ap 4,1; Gen 28,17Ez 44,2-3). Per estensione, il titolo riguarda anche la Vergine Maria. Di solito, siamo portati a pensare che a lei come “porta del cielo” nel senso che ci conduce in paradiso. Ciò è vero, ma in prima istanza, il riferimento è all’incarnazione del Verbo. Il grembo di Maria è lo “spazio aperto” attraverso il quale il cielo, cioè Cristo, scende sulla terra. In lei si compie un meraviglioso mistero: schiude la porta del suo grembo, perché il Verbo celeste realizzi la nostra redenzione e apre la porta del cielo perché tutti gli uomini possano la gloria insieme al Verbo eterno.

 Grazie alla Vergine Madre, il cielo non resta chiuso e blindato nella sua assoluta beatitudine, ma decide di aprirsi per incontrare le creature nel loro quotidiano affannarsi e nella loro continua ricerca di pace, di perdono, di giustizia e di autentica libertà. San Pier Damiani (secolo XI) nel Sermone 44 sull’Annunciazione della beata Vergine Maria afferma: «Questa Vergine, che porta in grembo il Verbo, diventa porta del paradiso: lei che ha donato Dio al mondo, ci ha aperto il cielo. […]. Il nobile grembo di Maria ha portato in sé il riscatto del mondo, e ci gloriamo di essere stati redenti da lui, che ci ha sciolti dal giogo della colpa. Il Figlio del Padre la riempie di sé, lo Spirito Santo l’adombra: il castissimo grembo della santa fanciulla diventa cielo».

In alcune antifone ed inni, la Chiesa invoca Maria con questo titolo. Nell’antifona Alma Redemptóris mater canta: «O alma Madre del Redentore, porta sempre aperta del cielo, e stella del mare, soccorri il tuo popolo che cade, ma pur anela a risorgere. Tu che hai generato, nello stupore di tutto il creato, il tuo santo Genitore». Nell’Ave, Regina caelorum inneggia: «Ave, Regina dei cieli, ave, signora degli angeli; porta e radice di salvezza, rechi nel mondo la luce».
Infine nell’Ave, maris stella proclama: «Ave, stella del mare, madre gloriosa di Dio, vergine sempre, Maria, porta felice del cielo». Questi inni celebrano Maria come stella che brilla davanti al popolo di Dio «quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore»[7].

La basilica di Leuca, risplenda dei questi due titoli mariani 

Le invocazioni accompagnino il nostro cammino giubilare. Quando cantiamo alla Madonna come “stella maris” e “porta coeli”, chiediamo che avvenga anche per noi l’incontro salvifico con Gesù. Vale il principio secondo il quale ciò che si dice di Maria si deve dire della Chiesa e di ogni credente. San Paolo, infatti, esorta i credenti in Cristo a «splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita» (Fil 2,15-16). Il discepolo «ha in ogni battito la tremenda misura dell’eterno» [8]. Cristo, infatti, è il centro e il criterio ultimo di ogni istante. 

Accogliendo l’invito di papa Francesco adoperiamoci perché in questo anno giubilare anche questo santuario mariano possa diventare luogo di accoglienza e spazio privilegiato per generare la speranza[9]. Rinnoviamo ogni volta questo proposito cantando l’inno mariano: «Ave, o stella del mare, / madre gloriosa di Dio, / vergine sempre, Maria, /porta felice del cielo. […]. Mostrati Madre per tutti, / offri la nostra preghiera, / Cristo l’accolga benigno / Lui che si è fatto tuo Figlio. Donaci giorni di pace, / veglia sul nostro cammino, / fa’ che vediamo il tuo Figlio, pieni di gioia nel cielo».


[1] Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente, 48.

[2] K. Wotjła, La madre, in Poesie, Newton, Roma 1994, p. 77.

[3] C. Pavese, Le poesie, Einaudi, Torino 1998, p. 150.

[4] Si possono menzionare: Eucherio di Lione, Isidoro di Siviglia, Beda il Venerabile, Alcuino, Fulberto di Chartres, etc. cfr. I. M. Calabuig, «L’appellativo “Stella Maris” da Girolamo a Bernardo: «schede per un repertorio», Marianum 44 (1992) pp. 411-428.

[5] Francesco, Spes non confundit, 24.

[6] Benedetto XVI, Spe salvi, 49.

[7]Lumen gentium, 68.

[8] A. Negri, Tempo, in Mia giovinezza, Bur, Milano 1995, p. 75.

[9] Cfr. Francesco, Spes non confundit, 24.

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