Omelia nella Messa per l’immissione canonica di don Luca Abaterusso
nella parrocchia san Carlo Borromeo,
Chiesa Cristo Risorto, Presicce-Acquarica, 24 settembre 2023.

Caro don Luca, 
cari fedeli,

ristrutturata la Chiesa materiale, bisogna ora ridare nuova forma all’edificio spirituale. Compito, questo, che spetta a tutti. Come, infatti, afferma la parabola evangelica siamo tutti chiamati a lavorare nella vigna del Signore. In essa c’è spazio per tutti e ogni ora può essere quella giusta. Bisogna mettere da parte alibi, tentennamenti, ritardi che impediscono di accogliere l’invito del Signore. Non si può rimandare ad altri tempi o venire meno alla propria responsabilità. L’ora del proprio impegno è adesso!

L’incarco di parroco che oggi viene conferito a don Luca segna la ripresa del cammino di questa comunità. In questi anni, nonostante la pandemia e i lavori di restauro, la comunità ha cercato di non venire meno al suo compito di annunciare la parola, amministrare i sacramenti e compiere le opere di carità. Ringrazio sentitamente don Antonio Morciano e don Emanuele Nesca per il generoso impegno che hanno portato avanti sulla scorta della linea tracciata in precedenza da don Tito Oggioni Macagnino, don Stefano Ancora, don Beniamino Nuzzo e dai viceparroci che si sono avvicendati e hanno collaborato con loro.

Cristo risorto, la pietra angolare

Si potrebbe dire che il programma pastorale da realizzare nel prossimo futuro è già indicato dal titolo della vostra Chiesa: “Cristo Risorto”. È lui la pietra su cui costruire il vostro edificio spirituale. Nella costruzione di una casa, la pietra angolare era la pietra principale, solitamente posta all’angolo di un edificio, per guidare gli operai nello svolgimento del lavoro. Era solitamente una delle pietre più grandi, più solide e più accuratamente posizionate in tutto l’edificio. Una volta posta la prima pietra, essa diventa il punto di riferimento per determinare ogni altra misura nel resto della costruzione. Tutto veniva adattato ad essa.

La Scrittura presenta Gesù come la pietra angolare su cui egli avrebbe edificato la sua Chiesa. Già il profeta Isaia lo aveva predetto: «Ecco, io pongo una pietra in Sion, una pietra scelta, angolare, preziosa, saldamente fondata: chi crede non vacillerà. Io porrò il diritto come misura e la giustizia come una livella» (Is28,16-17). Si tentò di rigettare questo piano divino e di sopraffarlo con una pietra che sigillava il sepolcro. Ma quella pietra fu ribaltata. E così, «la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo; ecco l’opera del Signore; una meraviglia ai nostri occhi» (Sal 117, 1-2.16-17.22-23). La pietra rimane per sempre rimossa dal suo sepolcro. Testimone della morte, è diventata testimone della risurrezione. In quanto pietra angolare dell’edificio della Chiesa, Gesù è il nostro fondamento, lo standard di misura e di allineamento.

Il fondamento trinitario

Cristo risorto rivela che il fondamento originario ed eterno è l’amore della Trinità. Tre sono infatti le caratteristiche dell’edificio spirituale della Chiesa di Cristo. I cristiani sono tutti innestati in Cristo. Egli è tutto: è il re e Signore, l’unico Maestro e Salvatore, la pietra di basamento della Chiesa.

Cristo ci orienta tutti al Padre. Come le antiche chiese romaniche, il tempio spirituale della santa Chiesa di Dio è rivolto a Oriente, da dove viene la luce, simbolo di Dio Padre. Orientare la vita dei battezzati significa puntare sulla misura alta della vita cristiana: la santità.

Siamo, infatti, tutti uniti e santificati dallo/nello Spirito Santo. Lo Spirito Santo fa della Chiesa «il tempio del Dio vivente» (2Cor 6,16; Cf. 1Cor 3,16-17; Ef 2,21).Le pietre dell’edificio spirituale qual è la Chiesa di Cristo sono unite tra di loro secondo un disegno armonioso, in modo da essere ognuna la pietra giusta al posto giusto. Sono tutte ben squadrate e levigate, unite tra di loro le une alle altre. Lo Spirito Santo è il grande architetto ed insieme il cemento che tiene unite tutte le pietre in modo che l’edificio sia ben saldo, armonioso, accogliente e attraente. A tal proposito, sant’Agostino afferma: «Quello che il nostro spirito, ossia la nostra anima, è per le nostre membra, lo stesso è lo Spirito Santo per le membra di Cristo, per il corpo di Cristo, che è la Chiesa»[1]. Anche Pio XII, nell’enciclica Mystici corporis, sottolinea che «bisogna attribuire allo Spirito di Cristo, come ad un principio nascosto, il fatto che tutte le parti del corpo siano unite tanto fra loro quanto col loro sommo Capo, poiché egli risiede tutto intero nel Capo, tutto intero nel corpo, tutto intero in ciascuna delle sue membra».

I cristiani “pietre vive” 

La Chiesa di Cristo è costituita da “pietre vive”. Il contrasto tra l’immagine della pietra e il suo aggettivo rende particolarmente incisiva la metafora biblica. Siamo di fronte a un ossimoro: la pietra indica stabilità, perché è ferma e immobile. La pietra viva, invece, è segno di movimento, vitalità. L’apostolo Pietro scrive: «Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo» (1Pt 2,4-5). Anche l’apostolo Paolo insegna: «Voi (cristiani) siete edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo del Signore; in lui venite anche voi edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito» (Ef 2,19-22). 

Nel tempo, Gesù vuol continuare a costruire la sua casa con fondamenta solide, cioè con la pietra angolare e le pietre vive utili all’edificazione della Chiesa. Come gli edifici materiali, anche la Chiesa presenta talvolta delle crepe che necessitano di essere riparate continuamente. C’è un famoso detto che recita: Ecclesia semper reformanda cioè la Chiesa ha continuamente bisogno di essere riformata e riparata. I cristiani non sono rocce solide, ma piccole pietre. Tuttavia, esse non sono inutili. Nelle mani di Cristo la più piccola pietra è preziosa e serve per l’intera costruzione. Insieme a tante altre pietre, tutte diverse tra di loro, formano un unico grande edificio nel solco della fraternità e della comunione.  Ciascun cristiano è una piccola pietra che, nelle mani di Gesù, contribuisce alla costruzione della Chiesa.

La Chiesa, la cava da cui estrarre e forgiare le pietre vive

Le pietre vive si forgiano e si estraggono dalla “cava” cioè dalla comunità cristiana. Si intuisce che l’identità del cristiano è caratterizzata dalla solidità, dalla fermezza e indistruttibilità della fede in Cristo, ma allo stesso tempo, in quanto viva, è soggetta al deterioramento. Non bisogna essere cristiani rigidi e inerti, ma mossi da creatività e dall’entusiasmo, disponibili all’adattabilità necessaria per costruire insieme l’edificio spirituale della Chiesa. Questa metafora dovrebbe continuare a provocarci, soprattutto in relazione alle giovani generazioni, che talvolta accostano le comunità cristiane come pietre pesanti e irremovibili, dove faticano a sentirsi accolte.

La comunità cristiana adulta ha bisogno delle giovani generazioni e le giovani generazioni hanno bisogno di una comunità di cristiani adulti, testimoni dell’incontro con Gesù. I ragazzi sono generati alla fede nella comunità e la comunità è da loro rigenerata. È in questa feconda e reciproca relazione lo sforzo di accompagnare i preadolescenti, con i loro limiti ma anche le loro risorse, a sentirsi parte viva di quella comunità che li ha iniziati alla fede. Gli incontri di catechesi dovrebbero lasciare ampio spazio alle dimensioni fondamentali della vita di fede: momenti celebrativi, iniziative caritative, eventi significativi della comunità. 

Diventa inoltre importante il contatto con il territorio, nel quale è possibile incrociare gli ambiti di vita dove i ragazzi trascorrono gran parte del loro tempo, come il mondo della scuola, dello sport, l’ambiente digitale. Questi mondi sono da abitare, per stabilire alleanze educative e per imparare quel linguaggio che possa rendere comprensibile ai ragazzi l’annuncio del Vangelo.

Il parroco, il “capo mastro” dell’edificio ecclesiale

Il parroco è come il “capo mastro” che presiede alla costruzione dell’edificio spirituale. Egli deve innanzitutto ricordare che la sua identità sacerdotale ha una connotazione tridimensionale: pneumatologica, cristologica ed ecclesiologica. Costituito dallo Spirito Santo il servo di Cristo, egli deve unirsi a lui, vivere con lui e partire da lui, per essere servo degli uomini. L’assimilazione a Cristo costituisce il fondamento della sua identità posta a servizio della comunità. 

Il suo principale compito è presiedere la liturgia eucaristica domenicale, quale «centro e culmine di tutta la vita della comunità cristiana»[2]. Il culto eucaristico è il cuore pulsante della vita parrocchiale. Giova a tal proposito ricordare quanto afferma Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Dies Domini: «Tra le numerose attività che una parrocchia svolge, nessuna è tanto vitale o formativa della comunità quanto la celebrazione domenicale del giorno del Signore e della sua Eucaristia»[3].

Anche la funzione di guidare come pastore la comunità deriva dal suo rapporto con Cristo, Capo e Pastore. È una funzione che riveste carattere sacramentale. Non è affidata al sacerdote dalla comunità, ma per il tramite del Vescovo. Riaffermare ciò con chiarezza ed esercitare tale funzione con umile autorevolezza costituisce un indispensabile servizio alla verità e alla comunione ecclesiale. La configurazione sacramentale a Gesù Cristo impone al sacerdote un nuovo motivo per raggiungere la santità.

            A tal proposito, caro don Luca, ti esorto ad avere fiducia in Dio. Siamo tutti fragili, ma il Signore ci sostiene con la sua grazia e la sua misericordia. Per questo ti lascio questa splendida riflessione del cardinale Anastasio Alberto Ballestrero. Leggila e meditala con attenzione. Ti sarà di conforto e di sostegno nel tuo nuovo ministero pastorale: «Quale sarà il mio posto nella tua casa, Signore? Lo so: non mi farai fare brutta figura, non mi farai sentire creatura che non serve a niente, perché tu sei fatto così: quando ti serve una pietra per la costruzione, prendi il primo ciottolo che incontri, lo guardi con tenerezza e lo rendi la pietra di cui hai bisogno: ora splendente come un diamante, ora opaca e ferma come una roccia, ma sempre adatta al tuo scopo. Cosa farai di questo ciottolo che sono io, di questo piccolo sasso che tu hai creato e che lavori ogni giorno con la potenza della tua pazienza, con la forza invincibile del tuo amore trasfigurante? Tu farai cose inaspettate, gloriose. Getti le cianfrusaglie, ti metti a cesellare la mia vita. Se mi metti sotto un pavimento che nessuno vede, ma che sostiene lo splendore dello zaffiro, o in cima ad una cupola che tutti guardano e ne sono abbagliati, ha poca importanza. Importante è trovarmi ogni giorno là dove tu mi metti, senza ritardi. Ed io, per quanto pietra, sento di avere una voce: voglio gridarti, o Dio, la mia felicità di trovarmi nelle tue mani malleabile, per renderti servizio, per essere tempio della tua gloria»[4].


[1] Agostino, Discorso, 268, 2.

[2] Christus Dominus, 30.

[3] Giovanni Paolo II, Dies Domini, 35.

[4] A. Ballestrero, Preghiere, Piemme, 1993, p. 97. Interessante è l’autobiografia cf. A. Ballestrero, Autoritratto di una vita. Padre Anastasio si racconta, Edizioni OCD, Morana Roma 2002.

clic qui per l’articolo sul sito della Diocesi di Ugento – S. Maria di Leuca