Cari Lorenzo e Tobia,
celebrare questa sera il rito dell’Ammissione tra i candidati all’ordine del diaconato e del presbiterato significa manifestare pubblicamente la vostra intenzione di proseguire la formazione umana, culturale, spirituale e pastorale nelle rispettive comunità educanti per consolidarvi nelle virtù teologali e cardinali, crescere nello spirito di orazione e nello zelo apostolico, avvalendovi di tutti i mezzi che la comunità ecclesiale mette a vostra disposizione.
Particolarmente significativa è la ricorrenza liturgica della festa del nome di Maria. L’assegnazione della festa 8 giorni dopo la nascita della Vergine Maria corrisponde alla festa del Nome di Gesù, che si celebra 8 giorni dopo la nascita di Cristo. Maria è l’amata e la prediletta da Dio (Lc 1,26). È l’Amata-per-sempre non solo in conseguenza del suo “sì”, ma soprattutto per il “sì” che Dio ha pronunciato sulla sua persona. Prima c’è il “sì” di Dio, poi il “sì” di Maria. Tuttavia il “sì” della Vergine, contribuisce a cambiare il corso della storia.
“Eccomi”, una parola programmatica
Voi siete qui per dire il vostro “sì” e confermarlo durante il rito di ordinazione presbiterale con il vostro “Eccomi”. Nella sua brevità, «Eccomi» (in ebraico hinneni, in greco idou) è una grande parola biblica dal forte significato antropologico e teologico. È la risposta che Dio attende per inondare la persona del suo Spirito. La sua importanza si evince anche dalla ricorrenza in 54 brani della Scrittura, divenendo così la chiave di volta dell’intera storia della salvezza[1]. Questa si svolge di “Eccomi” in “Eccomi”, quasi come un luminoso passaggio di testimone tra le più importanti personalità della storia biblica. Rivela così la bellezza di ogni vocazione in quanto risposta di chi si rende disponibile alla chiamata di Dio.
«Eccomi» è un’espressione antica, sacra, carica di storia, usata per asserire la propria presenza. Vuol dire semplicemente «sono qui» e non altrove. Significa dichiarare di non essere assente, lontano o impegnato in chissà quale altro posto, ma di essere vicino, presente, attento e disponibile ad ascoltare e a mettere in pratica il comando che giunge dalla Voce che chiama.
«Eccomi» afferma la propria presenza storica ed esistenziale in un dialogo di conoscenza e di scoperta, di confronto e di condivisione aperto al futuro. In una prospettiva relazionale, dire “Eccomi” comporta la partecipazione e il coinvolgimento personale nei riguardi di un progetto di vita. Implica cioè una relazione vocazionale tra la chiamata di Dio e la libertà dell’uomo, e pone la questione sul senso della «vita come vocazione».
La sua importanza acquista un peso maggiore nel nostro tempo attraversato da proposte antropologiche, rivendicate dal pluralismo odierno, che sembrano favorire uno stile di vita e un modello esistenziale di giovane «senza vocazione»[2]. Immersi in un crocevia di pluralismi, «da un lato i giovani cercano autenticità, affetto, rapporti personali, grandezza di orizzonti, e dall’altro sono fondamentalmente soli, ‘feriti’ dal benessere, delusi dalle ideologie, confusi dal disorientamento etico»[3]. In tale situazione, la difficoltà a dire “Eccomi” manifesta l’affermazione della sovranità assoluta dell’uomo che considera sé stesso come unico interprete e signore del progetto di una “esistenza destrutturata”, priva di ogni relazione con il mistero del Dio trascendente.
L’“Eccomi” di Dio, di Cristo e di Maria
Dio si aspetta che gli uomini siano sempre pronti a esclamare «Eccomi!» quando li chiama. Così è accaduto, fin dall’inizio della storia della salvezza. Quando Dio creò il cielo e la terra e chiamò all’esistenza le miriadi di stelle, queste risposero: “Eccoci” e brillarono di gioia per colui che le aveva create (cfr. Bar3,35). «Eccomi!», rispose Abramo quando udì la voce del Signore (Gen 22,1). A Dio che gli confidava di avere bisogno di qualcuno cui affidare una missione difficile, Isaia, senza esitare, rispose: «Eccomi, manda me!» (Is6,8).
Leggendo però attentamente la Sacra Scrittura, incontriamo una straordinaria sorpresa: Dio stesso, quando è invocato, risponde: “Eccomi!”. Prima dunque dell’“Eccomi” dell’uomo, nella rivelazione biblica troviamo l’“Eccomi” di Dio. Con questa parola esprime il suo essere, la sua più profonda identità. Ad Abramo, egli si presenta con queste parole: «Eccomi: la mia alleanza è con te e sarai padre di una moltitudine di popoli» (Gen 17,4). Al profeta Isaia confida: «In quel giorno il mio popolo saprà chi sono io. Io sono colui che dice: Eccomi!» (Is 52,6; cfr. Is 58,9). Ed ancora: «Mi feci ricercare da chi non mi interrogava, mi feci trovare da chi non mi cercava. Dissi: «Eccomi, eccomi» a gente che non invocava il mio nome» (Is 65,1). In tutte le situazioni difficili della sua storia, Israele ha fatto l’esperienza della vicinanza del suo Dio. In Egitto, durante l’esodo, nell’ingresso in Canaan, ogni volta che lo ha invocato, il Signore ha sempre e subito risposto: “Eccomi!”, ed è intervenuto in suo favore.
Sono soprattutto i profeti a rivelare nei loro oracoli l’“Eccomi” di Jahvè e a ricordare al popolo il Dio presente ed operante nel tempo. Il suo “Eccomi” ha un valore protettivo, ma anche giudiziale. Ammonisce la casa di Giuda (Ger 21,11-14) e mette in guardia i “falsi profeti” che “rubano le sue parole” (Ger 23,30) e falsificano gli oracoli traviando il popolo (Ger 23,31-32). Se non ci sarà conversione, l’“Eccomi” di Dio si trasformerà in giudizio di condanna e di distruzione (Ger 50,31, 51,25). Anche gli oracoli di Ezechiele sottolineano questa valenza giudiziale contro l’inganno dei falsi profeti (Ez 13,8), le malie delle fattucchiere (Ez13,20), l’arroganza delle nazioni pagane (Ez 25,7; 26,3; 35,3) e i cattivi pastori di Israele (Ez 34,10). Ugualmente per mezzo degli oracoli di Naum, Jahvè afferma il suo “Eccomi” contro la prepotenza arrogante di Assur (Na 2,14) e la corruzione dilagante di Ninive (Na 3,5).
Con l’incarnazione del Verbo, l’“Eccomi” divino diventa una presenza visibile e riconoscibile. La Lettera agli Ebrei (cfr. Eb 10,7-9) trasferisce nel dialogo eterno del Figlio con il Padre la preghiera del salmista: «Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto. Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa. Allora ho detto: «Ecco, io vengo. Sul rotolo del libro di me è scritto, che io faccia il tuo volere. Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore» (Sal 39,7-9).
La risposta di Cristo si riverbera nella risposta di Maria: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38). Maria porta a compimento l’attesa dell’uomo e rende visibile la vita come vocazione all’amore. Il suo “Eccomi” indica la capacità di ascolto umile e semplice della Parola, l’affidamento a Dio dei propri progetti per un «progetto più grande», la rilettura dei passaggi e delle visite di Dio accolti con l’obbedienza della fede e della vita.
Il vostro “Eccomi”
L’«Eccomi» che pronunciate questa sera, cari Lorenzo e Tobia, indica il vostro desiderio di ricercare un senso della vita, ricco di speranza e di meraviglia, esprime la vostra volontà di dialogo e di apertura al confronto, rafforza la vostra capacità di aprirvi al mistero per condividere la Parola che scende «dall’alto». È sempre commovente sentirsi dire: “Eccomi!” quando si è in un momento di difficoltà e di sofferenza. Amico vero è chi c’è sempre quando si bussa alla porta del suo cuore. Dio, con il suo “Eccomi”, assicura la sua continua presenza e vigilanza.
Siamo sotto la sua divina protezione. Il Salmo 121, tutto ritmato dalla radice verbale shmr, “custodire”, assicura che «il Signore è il tuo custode, il Signore è come ombra che ti copre, e sta alta tua destra. Di giorno non ti colpirà il sole, né la luna di notte. Il Signore ti proteggerà da ogni male, egli proteggerà la tua vita. Il Signore veglierà su ti te, quando esci e quando entri, da ora e per sempre» (Sal 121, 3-8).
Il vostro “Eccomi” deve attestare la verità della chiamata divina superando due grandi insidie. La prima consiste nel comprendere da chi proviene la voce. Ciò implica un coraggioso discernimento. Niente deve essere fatto in maniera superficiale e a cuor leggero. La risposta esige il massimo della propria responsabilità. La seconda insidia richiede il superamento di ogni forma di autoreferenzialità, comprendendo che la chiamata divina esige sacrificio, cammino nel deserto, espropriazione di sé. Non si tratta di un itinerario facile e a buon mercato, ma impervio e faticoso.
“Eccomi” manifesta la “sfida della fede”, l’avventura che nasce da un “appello” proveniente dall’Alto. Ogni parola di Dio nella storia si connota, al tempo stesso, come parola profetica e provocatoria. Egli propone un radicale cambiamento di prospettiva nella quale l’aspetto sconvolgente dell’irruzione di Dio si salda con la libera risposta dell’uomo.
Il rito di Ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato spalanca davanti a voi il mistero della fede. Siete chiamati questa sera a esprimere il vostro “Eccomi!”, per riconfermarlo in modo solenne durante il rito dell’ordinazione sacerdotale e ripeterlo continuamente lungo tutta la vostra esistenza.
[1] A. M. Canopi, Eccomi. Il sì alla Parola che chiama, Paoline Editoriale libri, Roma 2019.
[2] Si afferma oggi l’idea di un «uomo senza vocazione», cfr. Pontificia opera per le vocazioni ecclesiastiche, Nuove vocazioni per una nuova Europa, LEV, Città del Vaticano 1997, 11/c.
[3] Ivi, 11, b
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